Alessia Pifferi, il gip dice no a una nuova perizia in prigione:«Non ha storie di disagio». La rabbia degli avvocati

Secondo i legali di Alessia Pifferi, alla donna si nega «il suo diritto alla difesa». Pifferi è in arresto da fine luglio con l’accusa di omicidio volontario aggravato della figlia di 18 mesi, Diana 

Il gip ha detto di nuovo no ai legali che difendono Alessia Pifferi, donna finita in manette a fine luglio con l’accusa di omicidio volontario aggravato per aver fatto morire di stenti la figlia Diana, di 18 mesi.

Alessia Pifferi-meteoweek.com

I legali, infatti, avevano richiesto di poter far entrare in prigione uno dei docenti da loro scelti per una consulenza neuro scientifica sulla donna, ma si sono visti respingere l’istanza dal gip di Milano. Una istanza del genere era stata già respinta dal giudice ad agosto.

La ragione del no del gip alla richiesta sta nel fatto che la difesa non può  inserire nel procedimento, al di fuori di una perizia, una consulenza fondata su analisi di tipo neuro scientifico. Consulenza che, come spiega la difesa stessa, non avrebbe a che fare con valutazioni sulla capacità di intendere e volere di Pifferi al momento dell’accaduto, ma mirerebbe a valutare il cosiddetto “elemento soggettivo del reato”, il tipo di dolo o colpa negli atteggiamenti avuti dalla suddetta donna.

Il gip, però, respinge l’istanza asserendo che un’analisi di questo tipo «potrebbe condizionare, una volta veicolata nel processo con una relazione» della difesa, il «necessario processo interpretativo del giudice, pretendendo di ancorarlo a un dato scientifico», invece che a una «valutazione dell’intenzione» della 36enne che si è comportata così, «tratta dai dati di manifestazione esterna della sua condotta».

Il gip scrive ancora che la 36enne, «anche dopo l’ingresso in carcere, come attestano le relazioni del Servizio di psichiatria interna» del penitenziario, «si è sempre dimostrata consapevole, orientata e adeguata, nonché in grado di iniziare un percorso, nei colloqui psicologici periodici di monitoraggio, di narrazione ed elaborazione del proprio vissuto affettivo ed emotivo».

E ancora, il gip scrive queste cose nella parte in cui afferma che la stessa difesa non intendeva eseguire una valutazione della capacità o meno di intendere e volere di Pifferi, «prospettiva», sottolinea il gip, che «allo stato non si aggancerebbe ad alcun elemento fattuale», in quanto la 36enne non ha nessuna «storia di disagio psichico» nel proprio passato. I difensori miravano a uno speciale accertamento «neuro scientifico-cognitivo» in modo da «cercare di sondare il funzionamento strettamente cognitivo dell’indagata».

Il gip aggiunge che eventualmente, comunque, dovrà essere il magistrato a dare disposizioni per una perizia neuro scientifica se la considererà necessaria. Gli avvocati di Pifferi, hanno così commentato la scelta del gip di Milano:«La difesa di Alessia Pifferi non può arrendersi di fronte all’ennesimo diniego alla richiesta finalizzata a capire cosa sia successo nel cervello della propria assistita. Troppo facile chiudere la partita bollando Alessia come un mostro bruciandola sul rogo mediatico. 

La giustizia nega il diritto di difendersi provando. Come se le neuro scienze fossero qualcosa che può entrare nel processo solo per valutare l’infermità mentale, quando invece studiano i percorsi cognitivi e l’intenzionalità di tutte le attività umane», chiosano.

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