Intestare (o cointestare) un conto corrente al coniuge non evita affatto i controlli da parte del fisco in tema di evasione fiscale.
Anche in caso di separazione dei beni l’Agenzia delle Entrate può controllare i conti intestati al coniuge.
Chi pensa di poter far leva sul coniuge (moglie o marito) per nascondere delle entrate al fisco rischia di fare male i propri conti. Perché è una soluzione semplice all’apparenza, ma assolutamente non priva di rischi.
Solitamente si opta per il regime di separazione dei beni, invece che per quello di comunione. Dopodiché l’imprenditore (o libero professionista o commerciante) apre un conto corrente cointestato, o anche solo intestato al coniuge, dove far confluire i soldi provenienti da pagamenti in nero.
Ma questo non mette assolutamente al riparo dai controlli del fisco in tema di evasione fiscale. Infatti anche il conto corrente del coniuge può finire nel mirino dei controlli. Non importa che il conto sia contestato o che ci sia la separazione dei beni. Certo, anche il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini ha ammesso che i controlli fiscale devono fare i conti col problema della privacy. Ma questa limitazione non vale per i conti cointestati o intestati solo al coniuge.
Il fisco può controllare il conto del coniuge
Infatti gli accertamenti fiscali possono essere effettuati anche su questi conti. Sul tema è intervenuta la Corte di Cassazione. Con la sentenza 922/2021 ha chiarito che i controlli dell’Agenzia delle Entrate con richiesta di documentazione inviata direttamente alla banca hanno bisogno sì di un’autorizzazione preventiva. Ma anche che questa autorizzazione – che spetta al Direttore Regionale dell’Agenzia delle Entrate – rappresenta semplicemente un “atto interno di tipo organizzativo”.
Il che significa che l’autorizzazione non va motivata e tanto meno esibita al contribuente. E ad ogni modo la sua mancanza non rende nullo l’accertamento fiscale. Quando è possibile questo accertamento? Nei casi in cui l’Agenzia sospetti che il conto corrente del coniuge possa essere un modo per occultare i guadagni di un’evasione fiscale.
L’onere della prova’ Ricade sul contribuente
Sempre la Cassazione ha ricordato che in materia fiscale lo stretto rapporto familiare, salvo prova contraria, basta a riferire le operazioni individuate sui conti bancari all’attività economica della società sottoposta al controllo. La Cassazione poi considera legittima anche la presunzione di imputabilità. Vale a dire che i pagamenti sul conto corrente intestato al coniuge sono imputabili alle attività dell’altro. In questo caso la prova contraria è a carico del contribuente. Sarà lui a dover dimostrare l’esistenza di attività economiche che giustifichino prelievi e versamenti da parte dell’intestatario del conto.
Ciò succede quando il coniuge a cui è intestato il conto corrente non svolge attività economiche o lavorative che possono generare un reddito. In casi come questi il fisco potrebbe presumere che le somme presenti sul conto corrente del reddito provengano in realtà da attività in nero svolte dall’altro. E dunque potrebbe far partire l’accusa di evasione fiscale.
Se il lavoratore autonomo non riuscisse a dimostrare che i versamenti sul conto corrente del coniuge non sono il frutto di proventi in nero, si troverebbe a dover affrontare l’accusa di evasione fiscale. Con tutte le conseguenze che questo reato comporta.