Oltre le aspettative la risposta delle imprese italiane alla crisi del Covid. Ripresa oltre le aspettative.
Ma sul futuro dell’economia pesa l’incognita delle recenti accelerazioni dell’inflazione.
Le imprese italiane hanno reagito meglio del previsto alla crisi causata dalla pandemia di Covi-19. Ma adesso sul futuro della ripresa pesa l’incertezza legata al boom dell’inflazione. Lo dice la nuova edizione dell’indagine di Mediobanca sul settore secondario e terziato nel decennio 2012-2021. In particolare la ricerca ha esaminato le 2.145 società italiane di dimensione medio-grande che insieme rappresentano il 47% del fatturato industriale e di quello manifatturiero, il 36% di quello dei trasporti e il 41% della distribuzione al dettaglio.
Dopo il pesante tonfo del fatturato con lo scoppio della pandemia (-12,3% nel 2020) nel 2021 c’è stato uno scatto (+25,6%). A dare forte impulso sia le vendite nazionali (+25,1%) che l’export (+26,5%). Differenze del genere tra un anno e l’altro rappresentano un unicum nella storia postbellica dell’industria italiana. A dimostrazione dell’eccezionalità degli eventi, ma anche della capacità di reazione del sistema produttivo italiana. E anche dell’efficacia con cui le autorità monetarie e fiscali hanno saputo gestire l’emergenza.
Nel 2021 il fatturato delle 2.145 società oggetto della ricerca è risultato superiore del 10,1% rispetto al 2019. Meglio sono andate le aziende pubbliche. Un risultato raggiunto grazie alle attività energetiche (+32,4%) e a quelle petrolifere (+15,2%). Un recupero più consistente (+22,9%) rispetto a quello delle aziende private (+6,6%). Per le società industriali la crescita è stata pari al 13,1%, +9,1% se si escludono le società energetiche e quelle petrolifere. Ottimo risultato anche per la manifattura (+9,3%).
Vola la metallurgia nel post-Covid
Gli arresti alla produzione in pandemia e le limitazioni alla mobilità hanno colpito in maniera differenziata e asimmetrica i settori produttivi. Anche la ripartenza non ha azzerato le disparità. Nel comparto manifatturiero i risultati migliori li ha ottenuti il settore della metallurgia (+35,9% sul 2019), seguito da elettrodomestici e apparecchi radio-TV (+32,2%), legno e mobili (+19,8%), chimica (+17,4%) e gomma e cavi (+15,1%).
Ancora in difficoltà a fine 2021 invece tessile (-8,7%), abbigliamento (-7,7%) e lavorazioni di pelle e cuoio (-2,7%). Stesso discorso per i media: editoria -8,3%, emittenza radiotelevisiva -6,5% e telecomunicazioni -3,1%. La ripresa post-pandemica è stata prevalentemente trainata dalla domanda interna: le vendite all’interno dei confini nazionali sono cresciute del 12,2% sul 2019, quelle destinate all’estero invece sono aumentate del 6,4%.
Il Pnrr e gli incentivi fiscali dovrebbero ripercuotersi positivamente anche sul resto dell’economia. Sempre rimanendo nel capo delle vendite nazionali, nell’ultimo biennio va segnalata la crescita della grande distribuzione al dettaglio, che chiude con un +8% idi vendite rispetto al 2019. L’alimentare ha fatto anche meglio, con un +9,3% che ha in parte trascinato il settore del food.
Il peso dell’inflazione
Sulle imprese italiane grava però la forte accelerazione dell’inflazione degli ultimi tempi, avverte Mediobanca. L’inflazione incide in particolare sui costi degli acquisti di beni e servizi. Nel 2021 le 2145 imprese, che nel 2020 avevano ridotto di oltre 9.800 unità la loro forza lavoro, sono tornate ad assumer: oltre 12.200 dipendenti in più (+0,9%, +1,8% rispetto al 2012). Non mancano però segnali di contrazione per le imprese a controllo pubblico (-5,8%), quelle a controllo estero tanto nel complesso (-4,2%) quanto nella sola componente manifatturiera (-5,5%) e ai maggiori gruppi manifatturieri (-2,7%). In controtendenza invece le medie imprese (+14,2%) e quelle medio-grandi (+9,4%).