Secondo la perizia depositata ieri in Tribunale a Verbania i controlli avrebbero potuto evitare la strage della funivia.
La cabina, per i periti, è precipitata «a causa del degrado della fune traente».
La perizia depositata al Tribunale di Verbania parla chiaro: più di due terzi della fune della funivia del Mottarone – ben il 68% dei fili che componevano la fune – risultavano già corrosi prima della rottura costata la vita a 14 persone. In quella tragedia, avvenuta il 23 maggio 2021, la cabina precipitò nel vuoto perché i freni di emergenza erano bloccati con i forchettoni.
«La rottura della fune traente – dice la perizia –, così come accertato dalle estese analisi metallografiche e frattografiche condotte, è avvenuta non per un eccesso di sforzo, bensì a causa del degrado della fune stessa verificatosi in corrispondenza dell’innesto della fune nella stessa testa fusa, punto più delicato della fune”.
Ma nessuno si accorse del pessimo stato della fune. Questo perché, afferma la perizia, «negli ultimi mesi i controlli, peraltro non ritrovati in alcun registro, non sono stati effettuati». E così «le rotture a fatica e fatica/corrosione, nella maggior parte dei fili (68%) sono avvenute ben prima del 23 maggio 2021».
Al contrario, «una corretta attuazione dei controlli stessi avrebbe consentito di rilevare i segnali di degrado, ovvero la presenza di anche un solo filo rotto o segno di corrosione, e quindi di sostituire la testa fusa, così come previsto dalle norme». I forchettoni inoltre non andavano installati
Le perizie depositate al gip di Verbania sembrano dunque confermarlo: la strage del Mottarone poteva essere evitata se fosse stata eseguita a dovere la manutenzione. Per mesi dunque la funivia ha viaggiato, trasportato passeggeri, col rischio che la fune traente potesse spezzarsi in qualunque momento.
Come scrivono ancora i periti, «la rottura della fune traente, così come accertato dalle estese analisi metallografiche condotte, è avvenuta non per un eccesso di sforzo, bensì a causa del degrado della fune stessa verificatosi in corrispondenza dell’innesto della fune nella testa fusa, punto più delicato della fune».
A 16 mesi dall’inizio delle indagini l’inchiesta della procura di Verbania, sotto la guida del procuratore Olimpia Bossi, appare pressoché conclusa. A essere coinvolte nelle indagini sono 14 persone e alcune società.
La perizia, nelle conclusioni delle oltre 1.500 pagine di documenti depositati, lo sottolinea con severità. I forchettoni – che impedivano l’attivazione dei freni di emergenza, e senza la presenza dei quali la tragedia avrebbe potuto essere scongiurata – non andavano né dovevano essere installati durante il normale esercizio della funivia. La loro installazione era semplicemente «in contrasto con i dettami normativi».
Malgrado le disposizioni di legge il loro impiego al Mottarone costituiva invece una pratica «molto frequente». Senza contare che i controlli alla testa fusa della fune «dovevano essere almeno mensili». Ma «si può affermare con ragionevole certezza ingegneristica che negli ultimi mesi tali controlli prescritti dalla Norma non siano stati effettuati». Dai periti è arrivata anche la segnalazione della tenuta «approssimativa e sicuramente censurabile» del libro-giornale, vale a dire il registro sul quale andavano annotato tutto quello che veniva fatto nell’impianto.
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