Diversi deputati di importanti distretti russi chiedono le dimissioni del capo del Cremlino, finito sul banco degli imputati per la batosta militare e per presunti brogli.
Diffusa sui social una petizione che chiede apertamente le dimissioni dello “Zar”.
Le difficoltà incontrate sul campo dai soldati russi a Kharkiv – se non una vera e propria disfatta – e le accuse di brogli nelle ultime elezioni locali e regionali, con la vittoria dei candidati più vicini al Cremlino. Le classiche gocce che hanno fatto traboccare il vaso? Fatto che sta alcune decine di deputati di 18 diversi distretti russi hanno chiesto le dimissioni dello “zar” Vladimir Putin.
Il presidente russo se ne deve andare. È il senso di una petizione divulgata sui social da Ksenia Torstrem, deputata del distretto Semyonovsky di San Pietroburgo. “Le azioni del presidente Putin sono dannose per il futuro della Russia e dei suoi cittadini”, si legge nel testo.
“Chiediamo le dimissioni di Vladimir Putin dalla carica di Presidente della Federazione Russa”, prosegue la nota. inizialmente firmata da 19 deputati, alla richiesta di dimissioni dovrebbero essersi aggiungenti nella giornata di lunedì 12 settembre i nomi di altre 84 persone. Lo ha annunciato la stessa Torstrem.
Per i deputati dissidenti, Putin avrebbe messo a repentaglio il futuro della Federazione Russa con le sue azioni sconsiderate. Prima fra tutte l’invasione dell’Ucraina.
Come riferisce il Moscow Times, il primo a chiedere le dimissioni del leader del Cremlino è stato Dmitry Palyuga, un deputato del distretto di Smolninskoye di San Pietroburgo. Palyuga avrebbe addirittura chiesto alla Duma di Stato di processare il presidente russo. Con quale accusa? Di tradimento, per aver invaso l’Ucraina.
Cosa rischiano adesso i deputati dissidenti? Potrebbero essere convocati dalla polizia e accusati di aver screditato le forze armate russe. All’inizio di marzo, infatti, Putin ha firmato una legge per punire chi diffonde “informazioni deliberatamente false” sulla guerra in Ucraina. Una legge che prevede lunghe e dure pene detentive, fino a 15 anni di carcere, e che rende illegale “fare appelli contro l’uso delle truppe russe per proteggere gli interessi della Russia” oppure “screditare tale uso” (con una pena fino a tre anni di carcere).
Ma non sarebbe l’unica fronda interna per il numero uno del Cremlino. Almeno stando a Foreign Policy, Vladimir Putin adesso è alle prese anche con l’ascesa dei nazionalisti di destra, infuriati per la débâcle subita a Kharkiv. Una protesta che potremmo dire alzarsi da destra. I nazionalisti non sono favorevoli alla democrazia e non sono contro la guerra in Ucraina. Al contrario, chiedono con forza che Putin alzi il tono delle operazioni belliche facendo ricorso a armamenti ancor più potenti contro Kiev.
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