Il prossimo governo potrà fare poco per risolvere la crisi economica innescata dalla guerra in Ucraina. Serve l’aiuto dell’Europa ma anche la politica italiana deve fare la sua parte evitando una campagna elettorale scellerata
Michele Polo, ordinario di Economia politica all’università Bocconi di Milano, analizza la crisi energetica che sta colpendo l’Italia, sostenendo che “la tempesta è già qui“ con tassi di interesse verso nuovi picchi e crescita del debito. Insomma dobbiamo fare i conti con le difficoltà già da subito.
“Rispetto alla pandemia i rincari dell’energia colpiscono i Paesi europei in modo differenziato e la compattezza necessaria a iniziative come il tetto al prezzo del gas non è scontata” dice lo studioso. Ma la campagna elettorale con le sue incertezze, non aiuta. “Il prossimo governo non potrà fare molto di diverso da quello che è il solco avviato da Draghi, ma – avvisa – potrebbero farlo con meno incisività o addirittura con una dialettica che rischiamo di pagare cara”.
“Il problema è il breve periodo – continua Polo -. Se ci diamo un paio d’anni di margine possiamo sostituire il gas russo con altre fonti, utilizzare i rigassificatori per comprare altrove quello liquido e uscire dalla spirale. Ma nel breve termine quello che potevamo fare è già stato fatto, a partire dall’aumento dei flussi da gasdotti come quello algerino“. Dobbiamo quindi razionare la domanda di energia e verificare le reali necessità, tagliando o quantomeno riducendo laddove sia possibile. La proposta è quella di “introdurre sostegni economici che assorbono l’aumento dei costi con il bilancio pubblico, ma ovviamente significa altro indebitamento, prospettiva che mette in difficoltà paesi come l’Italia, con debito elevato e cresciuto ulteriormente per la pandemia“.
Quanto alle risorse del Pnrr “per continuare ad affluire dovranno vedere la prosecuzione delle politiche avviate e approvate dal Parlamento. Temo però, soprattutto, se i sondaggi saranno confermati, l’incompetenza e la faciloneria con cui certi personaggi si lanciano in dichiarazioni che hanno ricadute immediate, e l’approssimazione con cui i programmi dei partiti affrontano questioni delicatissime. Non potranno fare molto di diverso da quello che è il solco avviato da Draghi, ma potrebbero farlo con meno incisività o addirittura innervosire i mercati con una dialettica inopportuna“.
“L’Italia da sola non può fare molto, ma anche in Europa ci sono incognite – afferma ancora Polo -. Se la pandemia ha colpito in modo grave un po’ tutti Paesi Ue e di conseguenza ha visto la disponibilità della Commissione europea ad attuare politiche di indebitamento con il sostegno di tutti, ora la crisi energetica colpisce gli Stati membri in modo più differenziato, con Germania e Italia maggiormente esposti in quanto principali acquirenti di gas russo e paesi come Spagna e Portogallo che hanno un’elevata dotazione di rigassificatori e possono in parte sottrarsi alle importazioni via gasdotto. Ma anche paesi come l’Olanda che sono addirittura produttori di gas. Per questo una risposta comune c’è stata, ma nelle misure concrete potrebbe rivelarsi meno compatta, a partire dalla questione del tetto al prezzo del gas“.
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