Energia, dall’inizio della guerra Ue ha versato 85 miliardi di euro per il gas dalla Russia: questi i dati emersi dallo studio del Crea. Le importazioni, però, sono diminuite del 75%. Com’è possibile?
Con la crisi energetica che incombe sull’Europa, a causa delle gravissime tensioni geopolitiche che hanno incrinato i rapporti con la Russia dopo lo scoppio del conflitto con l’Ucraina, i paesi dell’Unione Europea (Ue) stanno lavorando sinergicamente e in autonomia per trovare soluzioni alternative ai rifornimenti di gas russo. Dal canto suo, il sistema di esportazione del gas norvegese è destinato a fornire volumi record di energia in Europa, con il paese che si impegna a inviare grandi quantità di gas nei prossimi anni alle nazioni vicine. A spiegarlo a Reuters è stato il capo dell’operatore del sistema di gasdotti Gassco Frode Leversund.
Ciò che fa molto riflettere, tuttavia, è quanto sia stata importante e fruttifera per l’Ue l’esportazione russa di gas negli ultimi periodi. E non serve, a dir il vero, nemmeno andare troppo indietro con gli anni. Basti pensare, infatti, che solo nella prima metà dell’anno, a partire da quello è stato l’inizio dell’invasione dell’Ucraina, la Russia avrebbe ricavato 158 miliardi di euro dalle sue esportazioni di petrolio e gas, con l’Ue sua principale cliente. A rivelarlo è un rapporto completo, pubblicato ieri, lunedì 5 settembre, dal Center for Research on Energy and Clean Air (Crea).
Un gioco di riduzioni e aumenti di prezzi
“Il governo russo ha raccolto almeno 43 miliardi di euro (il bilancio federale 2021 era di 230 miliardi di euro) da tasse e dazi doganali dall’inizio della guerra”, ha stimato Lauri Myllyvirta, autore principale dello studio condotto da Crea. In questa fase, ha aggiunto l’esperto, “tali entrate superano la spesa militare russa, stimata in 100 miliardi di euro, mentre la distruzione delle infrastrutture ucraine è stimata in 110 miliardi”.
Il motivo di un così sostanzioso guadagno è, nemmeno a dirlo, è l’aumento dei prezzi. Infatti, nonostante tutte le sanzioni inflitte dall’Ue, e nonostante il calo delle importazioni dei paesi europei, Mosca ha abilmente compensato la riduzione delle sue esportazioni aumentando i prezzi. La prospettiva di strozzare il flusso di gas ha infatti comportato un incremento dei prezzi all’ingrosso, che sono più che triplicati rispetto al 2021. Tra luglio e agosto i volumi delle esportazioni sono diminuiti del 25% su base annua, eppure i ricavi della Russia sono aumentati del 30%. Per questo motivo, sebbene si stimi che le importazioni di gas possano essere diminuite del 70%, i proventi delle esportazioni russe sono rimasti pressoché invariati.
Altro quadro messo in luce dallo studio di Crea, riguarda il ruolo che ha giocato l’Ue in tutto questo. Nella prima metà dell’anno, e quindi in pieno gioco di riduzione di gas e rialzi di prezzi, l’Ue è rimasta il maggiore importatore di combustibili fossili russi, per un totale di 85 miliardi di euro. Ha superato la Cina, la Turchia e persino l’India. E tra tutti i paesi europei, è la Germania quella che ha richiesto volume delle maggior esportazioni russe per poter soddisfare il suo fabbisogno nazionale. Dopo i tedeschi, si sono poi allineati i Paesi Bassi, l’Italia, la Polonia e la Francia.
Tuttavia, è altamente probabile che questo quadro cambi nel giro dei prossimi mesi. Le importazioni europee, infatti, sarebbero già diminuite del 75% rispetto al periodo pre-invasione. In generale, le vendite di gas russo tramite gasdotto sono diminuite complessivamente del 56%, mentre le vendite di carbone e gas naturale liquefatto sono diminuite rispettivamente del 29% e del 15%. Unica eccezione è al momento soltanto il petrolio.