L’industria alimentare in sofferenza per la crisi dell’anidride carbonica. L’impennata dei costi e le scarse scorte di magazzino mettono a rischio la produzione di acqua minerale, birra e bibite.
Tra i settori industriali che patiscono più il caro energia e la crisi delle bollette ci sono quelli che fanno uso di anidride carbonica nel processo produttivo.
In prima fila a patire la crisi dell’anidride carbonica ci sono le industrie delle bevande, in crisi di produzione e di approvvigionamento. Gli aumenti in questo settore vanno dall’11% per l’acqua minerale al 10,5% per i succhi di frutta: +7% invece per le bibite gassate, sotto pressione per l’aumento dei costi di produzione dell’anidride carbonica. Che progressivamente va esaurendosi.
È di pochi giorni fa l’annuncio della filiale polacca del birrificio danese Carlsberg che a breve rischia perfino di interrompere la produzione di birra per la mancanza di CO2. A rischio anche molti altri settori alimentari che la usano per la refrigerazione.
Carlsberg, che in Polonia ha aperto ben tre birrifici, è uno dei maggiori produttori del Paese, con una quota di mercato pari a circa il 20%. Presto però acqua minerale e bibite gassate potrebbero diventare un lusso, col rischio di una forte impennata dei prezzi quando si esauriranno le scorte nei magazzini. Il Codacons ha presentato un esposto all’Antitrust chiedendo l’apertura di un’indagine sulla carenza di anidride carbonica sul mercato per alimentare. L’associazione dei consumatori punta il dito sulle principali case di produzione di CO2 che secondo Codacons richiedono notevoli aumenti di prezzo.
Anidride carbonica, birra e acque minerali
Nel caso della birra, le bollicine che si sprigionano nell’istante della stappatura e nel boccale sono costituite essenzialmente dall’anidride carbonica. Un gas che si sprigiona grazie alla seconda fermentazione in bottiglia o nel tank. Coi lieviti che, consumando gli zuccheri del mosto, vanno a produrre alcol, anidride carbonica e altri composti secondari, compresi quelli aromatici. In alternativa, anche se poco frequenti, ci sono alcune birre industriali prodotte attraverso la gassatura con anidride carbonica esogena – così come accade per l’acqua e altre bibite gassate.
C’è poi l’acqua minerale dove la maggior parte delle bottiglie con le bollicine, salvo due o tre marche espressamente classificate come “effervescenti naturali”, vengono addizionate con l’anidride carbonica. Ma anche altri settori usano anidride carbonica nel processo industriale anidride carbonica. In campo alimentare la CO2 si utilizza per limitare la crescita di batteri e muffe. Si usa anche come refrigerante nelle linee di surgelazione. Viene impiegata ormai da tempo anche per estrarre la caffeina dal caffè e come gas all’interno delle confezioni di alcuni alimenti confezionati in atmosfera modificata (è il caso di ravioli e tortellini freschi).
Preoccupata per la carenza di CO2 anche Assobibe, l’Associazione (facente capo a Confindustria) che rappresenta i produttori di bevande analcoliche. La scarsa disponibilità di anidride carbonica, spiega l’associazione, è dovuta ai rincari dei “costi di energia, plastica, alluminio, cartone e vetro”.
Da dove proviene la CO2
La maggior parte della anidride carbonica per usi esclusivamente alimentari proviene da impianti fertilizzanti. Viene ottenuta come sottoprodotto della lavorazione dell’ammoniaca. Oppure come sottoprodotto delle fabbriche di bioetanolo. La fonte originaria della CO2 sono però le sorgenti naturali. Delle quali l’Italia è un paese particolarmente ricco, grazie alla presenza di elevatissimo numero di sorgenti.