Russia, vola l’export di gas e petrolio: gli incassi di Mosca superano i costi della guerra in Ucraina

Nei primi sei mesi delle guerra in Ucraina la Russia ha guadagnato come mai prima d’ora dall’export di combustibili fossili.

Il maggior importatore resta l’Unione europea, che ha importato più della metà dei combustibili provenienti dalla Russia.

Nei primi sei mesi della guerra iniziata il 24 febbraio in Ucraina, il calcolo costi-benefici sembra decisamente arridere a Mosca. Infatti le entrate delle Russia ricavate dalle esportazioni di energie fossili come gas e petrolio in questi sei mesi hanno di gran lunga superato i costi dell’“operazione militare speciale” voluta dal Cremlino in Ucraina.

Almeno queste sono le conclusioni di un rapporto del Centro finlandese per la ricerca sull’energia e l’aria pulita (Centre for Research on Energy and Clean Air). Il report finlandese ha calcolato le esportazioni di petrolio, gas e carbone dal 24 febbraio al 24 agosto 2022, basandosi sui dati del trasporto marittimo e dei gasdotti.

Stando agli autori dello studio la Russia sta incamerando entrate senza precedenti. La causa? Indubbiamente l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili che hanno permesso a Mosca di guadagnare, nei primi sei mesi dell’invasione in Ucraina, la bellezza di 158 miliardi di euro grazie alle esportazioni di combustibili fossili. Più della metà provenienti dall’Unione europea. L’Ue ha importato infatti il 54%, pari a circa 85 miliardi di euro.

Dall’inizi della guerra, l’export di combustibili fossili ha portato circa 43 miliardi di euro nel bilancio federale russo. Contribuendo così, è la conclusione degli autori della ricerca, a finanziare la guerra lanciata dal Cremlino in Ucraina.

Entrate record per Mosca grazie all’aumento dei prezzi

Nella “classifica” degli importatori di combustibili fossili spicca al primo posto l’Unione europea, il principale importatore con 85,1 miliardi di euro. Seguono poi, a distanza, Cina (34,9 miliardi di euro), Turchia (10,7 mld), India (6,6 mld), Giappone (2,5 mld), Egitto (2,3 mld) e Corea del Sud (2 mld).

A determinare un livello di entrate nettamente superiori a quello degli anni precedenti è stato l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili. Un picco raggiunto da Mosca malgrado la riduzione dei volumi di export nel 2022.

Lo studio dunque conclude: “L’aumento dei prezzi dei combustibili fossili significa che le entrate attuali della Russia sono ben al di sopra dei livelli degli anni precedenti, nonostante il calo delle esportazioni. I prezzi medi dei combustibili fossili in Russia sono più del doppio rispetto al 2021“.

Il Centre for Research on Energy and Clean Air (CREA) i, si piò leggere sul suo sito internet, è un’organizzazione di ricerca no-profit e indipendente. Si occupa di identificare tendenze, cause e conseguenze per la salute e cerca soluzioni al problema dell’inquinamento atmosferico. Fondato nel dicembre 2019 a Helsinki, il think tank ha dipendenti in diversi paesi dell’Asia e dell’Europa. I finanziamenti provengono da sovvenzioni filantropiche, oltre che dai guadagni per le ricerche commissionate ai ricercatori del CREA.

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