La mamma, 31 anni, e la sua bambina sono stabili. È il sesto caso in tutto il globo, di nascita dopo un trapianto di questo genere
Il trapianto di utero ha avuto successo e una donna di 31 anni ha dato alla luce la sua bambina all’ospedale Cannizzaro di Catania. La piccola si chiama Alessandra. Si è trattato del primo trapianto di utero fatto nel nostro Paese e andato a buon fine.
La madre della piccola, era nata senza utero per via di una sindrome rara, detta di Rokitansky. Il trapianto era avvenuto due anni fa nel Centro trapianti del Policlinico catanese. L’equipe che si è occupata del trapianto era composta dai seguenti professori: Pierfrancesco Veroux, Paolo Scollo, Massimiliano Veroux e Giuseppe Scibilia.
In seguito l’equipe di Scollo ha continuato a seguire la 31enne con la fecondazione assistita. «Il tentativo di fecondazione è andato a buon fine e la signora ha condotto una gravidanza regolare fino alla 30esima settimana, quando ha contratto il Covid ed è stata pertanto ricoverata nella sezione della Ginecologia del Cannizzaro dedicata alle pazienti positive. L’infezione è stata per un certo tempo asintomatica ma, qualche giorno fa, un episodio di febbre alta e conseguenti contrazioni ci ha indotto a procedere con un taglio cesareo», ha voluto sottolineare il professor Scollo.
La 31enne ha partorito alla 34esima settimana, a cui lei e il marito hanno scelto di dare lo stesso nome della donna che aveva donato l’utero, Alessandra. Scollo prosegue spiegando che la mamma e la sua bambina sono in terapia intensiva: la madre nell’area adulti, la figlia «nell’unità di terapia intensiva neonatale, dove è sottoposta a terapia antibiotica di prassi per i prematuri e ad assistenza respiratoria non invasiva. Entrambe si trovano in condizioni stabili».
Ma il trapianto, come spiega il professor Veroux, non è stato affatto semplice, anzi, ci sono state tutta una serie di avversità «tecniche che ne limitano l’uso estensivo nel mondo. In questo caso l’utero, sin dal declampaggio dei vasi, ha mostrato una grande vitalità che ha poi permesso grazie a una perfusione ottimale di ‘vivere’ nella paziente e di portare a termine una gravidanza quanto mai attesa», ha detto il medico.
Veroux ci ha tenuto a precisare che il centro trapianti che dirige si è preso cura ogni settimana, negli ultimi due anni, della «futura mamma al fine di monitorare le condizioni cliniche e modulare la terapia immunosoppressiva, soprattutto nella delicata fase finale condizionata dal Covid. L’utero trapiantato, al momento della nascita della ‘nostra’ piccola Alessandra, ha confermato la piena funzionalità, facendo ben sperare per il futuro».