Investitori in fuga dall’Italia: pronti alla vendita di 200 miliardi in titoli di Stato

Il valore dei titoli di Stato che il nostro Paese mette in vendita per il rifinanziare il debito è di 200 miliardi di euro. Gli investitori istituzionali sarebbero pronti a metterli in vendita dopo che Draghi ha lasciato la presidenza del Consiglio. 

I titoli di Stato italiani che gli investitori istituzionali intenderebbero mettere sul mercato dopo l’addio di Mario Draghi alla presidenza del Consiglio hanno un valore pari a 200 miliardi di euro.

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A svelarlo è la banca Usa Citi, come riporta anche La Stampa. Questa cifra corrisponde al 7,5% del debito che è pari a 2.766 miliardi di euro, e che sola ha un valore del 152% del Pil dell’Italia. Con la fine del governo Draghi, sui mercati è calato un velo di incertezza e scetticismo, cosa che si può notare nello spread tra Btp (titolo di Stato italiani) e Bund (titoli di Stato della Germania.

Il valore, che fino a qualche mese addietro si attestava tra i 100 e i 150 punti base, da quando è il governo italiano è entrato in crisi, è ormai stabile tra i 200 e i 250 punti. Tutto questo, nonostante le garanzie che Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, ha dato sul fatto che se il suo partito dovesse andare al governo, i conti pubblici sarebbero in una botte di ferro.

L’Italia ha un alto tasso di interessi da versare per il rifinanziamento del debito, nonostante il sostegno della Bce, che a luglio ha comprato 10 miliardi di titoli di Stato del nostro Paese.

Gli investitori sarebbero dunque pronti a scommettere che il nostro Paese non può farcela, e a mettere in vendita 200 miliardi del nostro debito, su cui il governo dovrebbe versare interessi ancora più elevati. Questa notizia è giunta dopo che il Financial Times ha rivelato che diversi fondi speculativi mondiali stanno scommettendo contro l’Italia.

In sostanza, si stanno tutelando in caso di grave crisi economica del nostro Paese. I maggiori timori di chi ha il debito pubblico italiano sono la lentezza della messa in atto delle opere finanziate con i soldi derivanti dal Pnrr, che rischiano di svanire se le opere non saranno realizzate nei tempi prestabiliti.

E proprio il rispetto delle scadenze è ostacolato dal fatto che il governo è caduto proprio in un momento essenziale per definire i percorsi di pianificazione. Gli investitori hanno paura che l’Italia non riesca ad affrontare la crescita dei tassi di interesse stabiliti dalla Bce.

Secondo Gregorio De Felice, capo economista di Intesa San Paolo, nonostante le difficoltà, spiega che la cosa importante è che il prossimo governo non si discosti troppo da quella che chiamano “agenda” Draghi. La Bce, infatti, potrebbe comprare nuovamente i nostri titoli di Stato, purché i parametri dal punto di vista economico stabiliti dall’Ue siano rispettati.

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