Liliana Resinovich, il fratello: “Non è stato suicidio. Percossa e uccisa da più persone”. L’ipotesi avanzata dai legali dell’uomo, dopo quella che la Procura definisce come morte per suicidio.
Secondo quanto stabilito dalla perizia disposta dalla procura, Liliana Resinovich si sarebbe uccisa due o tre giorni prima che fosse ritrovato, nel parco dell’ex ospedale psichiatrico di Trieste, il suo corpo senza vita lo scorso 5 gennaio. Una svolta apparentemente decisiva, questa, che siglerebbe il caso come decesso per asfissia.
Ma il giallo sulla sua morte non trova fine. Si contano in tutto una cinquantina di pagine nella perizia della Procura, documento di circa 50 pagine dove si parla anche di un’altra ipotesi, definita però “molto remota”, per la quale il suo cadavere sarebbe stato “congelato”, nascosto e infine abbandonato. Dal canto suo, anche il fratello della donna Sergio Resinovich non crede all’ipotesi di suicidio per soffocamento.
“Liliana percossa e strattonata”, l’ipotesi shock
Sergio Resinovich non crede al suicidio della sorella. Il legale, Nicodemo Gentile, e la psicologa consulente, Gabriella Marano, hanno ribadito in una nota condivisa la loro tesi: la donna sarebbe stata uccisa da una o più persone, e non si sarebbe tolta la vita soffocandosi con dei sacchetti di plastica. Un’ipotesi diversa rispetto a quella degli inquirenti, che viene ritenuta “inverosimile” dopo aver analizzato le 50 pagine della consulenza della Procura. Secondo Gentile e Marano, infatti, Liliana Resinovich sarebbe stata “intercettata, accompagnata o comunque sorpresa da una visita da parte di qualcuno che ben conosceva” la mattina del 14 dicembre.
Da qui sarebbe scoppiata un’accesa discussione, con Liliana che “sarebbe stata percossa e strattonata”, forse anche soffocata “magari con una sciarpa, un cappello o un giubbotto, che ha determinato uno scompenso cardiaco”. Scompenso favorito dai problemi di cuore di cui Liliana soffriva. Ad essere sospetti sarebbero anche i segni ritrovati sul suo corpo. Gentile e Marano parlano anche di “alcune strane fratture che, allo stato, non c’è consentito sindacare, ma che saranno oggetto di valutazioni nel momento in cui si potranno acquisire in modo pieno tutti gli atti del fascicolo, comprese le immagini della tac”.
I rappresentanti di Sergio Resinovich hanno poi tentato di dare una risposta al “periodo di buco”, che inizia con la scomparsa della donna e termina con il ritrovamento del suo cadavere. Secondo la loro ipotesi, dopo la colluttazione “gli aggressori” hanno dovuto ricomporre, vestire la donna – “questo spiega l’orologio di colore rosa sul polso sinistro di Liliana con la corona rivolta al contrario, nel verso sbagliato”, quando invece la donna lo portava al polso destro. E ancora, parlano di “goffo tentativo di manipolazione della scena”, oltre che “all’illogico utilizzo dei sacchi dell’immondizia”. Potrebbe trattarsi di un delitto “di prossimità”, ma non si esclude nemmeno ” un omicidio preterintenzionale, che poi ha indotto inevitabilmente l’aggressore, o gli aggressori, a dover occultare il cadavere in un gelido anfratto, sotterraneo”. Questa, almeno è l’ipotesi avanzata dai legali della donna, vittima di quello che assume ancora le sembianze di un giallo.