Il caro-bollette impatterà in maniera pesantissima soprattutto sulle piccole imprese di turismo e terziario.
Ma gli aumenti spropositati si ripercuoteranno negativamente anche sui consumi.
Nei prossimi 12 mesi le piccole imprese di turismo e terziario si vedranno recapitare una maxi-bolletta da 11 miliardi di euro, pari a circa 8 miliardi in più rispetto ai 12 mesi precedenti. Una stangata pazzesca, che rischia di buttare fuori da mercato 90 mila attività. Confesercenti lancia l’allarme dopo aver calcolato, sulla base delle attuali tariffe per luce e gas, l’aumento dei costi da sostenere per le imprese con meno di 20 dipendenti che operano nel turismo e negli altri settori del terziario, come commercio e servizi.
Il conto più caro in bolletta, dice Confesecenti, lo pagherà la ristorazione, che a parità di consumi si troverà a spendere quasi 2 miliardi di euro in più (+1.944 milioni). Per i bar e le altre attività senza cucina il surplus da pagare invece supererebbe di poco il miliardo di euro (+1.045 milioni).
Pesanti anche gli aumenti per le attività alberghiere: hotel, pensioni e alberghi di piccole dimensioni dovranno sborsare oltre 1,5 miliardi di euro in più (+1.575 milioni). Il caro-bollette non risparmia nemmeno i i negozi di vicinato, che spenderanno 912 milioni di euro in più. Per i distributori carburanti l‘aumento sarà invece di 436 milioni di euro in dodici mesi.
Le ricadute sui consumi
I rincari ricadranno negativamente anche sui consumi: la quota di spesa media mensile delle famiglie per le spese di casa e delle utenze (casa, acqua, elettricità e gas) passa dal 37,4% del 2021 al 38% del 2022. Aumenta anche (di 0,7 punti) l’incidenza della spesa per i trasporti. A fare le spese di questa redistribuzione del budget familiare praticamente tutte le altre voci di spese. In particolare bevande, abbigliamento e calzature, comunicazione, ricreazione, spettacoli e cultura, anche le spese per la salute.
Agricoltura in affanno
I rincari dell’energia per famiglie e imprese rischiano di mettere in crisi una filiera agroalimentare da 575 miliardi di euro, quasi un quarto del Pil italiano, con 4 milioni di lavoratori impiegati in 740 mila aziende agricole, 70 mila industrie alimentari, oltre 330 mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio.
In agricoltura i costi fanno registrare aumenti pazzeschi, denuncia Coldiretti. Si va dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio fino al +300% delle bollette per pompare l’acqua per l’irrigazione dei raccolti. Ma i rincari colpiscono tutta la filiera alimentare: il vetro costa più del 30% in più rispetto al 2021. Aumenti anche (+15%) per il tetrapack, per le etichette (+35%), per il cartone (+45%), per i barattoli di banda stagnata (+60%), e addirittura del 70% per la plastica.
Oltre un terzo delle aziende agricole lavora in perdita
In Italia la produzione agricola e quella alimentare assorbono oltre il 11% dei consumi energetici industriali totali per circa 13,3 Mtep all’anno. L’impennata dei costi va a colpire con durezza tutta la filiera agroalimentare. A cominciare dalle campagne, dove oltre 1 azienda agricola su 10 (13%) si trova in difficoltà tale da portare alla chiusura dei battenti. Ma ben il 34% (più di un terzo) delle aziende agricole sta lavorando in perdita a causa dei rincari
“Senza sostegni, il sistema delle piccole imprese rimarrà schiacciato dall’aumento di costi. Il governo in carica agisca utilizzando tutti i poteri di cui dispone”, spiega Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti. “Servono interventi mirati – osserva – per le attività di minori dimensioni. Fino ad ora si è intervenuto soprattutto a favore delle imprese medio-grandi: il credito di imposta, ad esempio, è destinato solo ad utenze sopra i 16,5 kW di potenza. Occorre, invece, ampliarlo ed estenderlo anche alle piccole, prorogando gli interventi di sostegno almeno fino al 31 dicembre 2022; ma servono anche rateazioni lunghe per attutire lo shock. Al tempo stesso, bisogna spingere l’acceleratore sulla diversificazione delle fonti e favorire, a partire dalla leva fiscale, anche consorzi d’acquisto e produzione di energia pulita”.