È scontro diplomatico tra il governo ucraino e il Vaticano dopo le parole pronunciate ieri da Papa Bergoglio che, parlando di “follia della guerra”, ha citato l’episodio di una «povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca».
Scontro tra governo di Kiev e Santa Sede dopo le parole che ha pronunciato Papa Francesco in merito alla “pazzia della guerra” e al suo aver citato, a tal proposito, l’episodio di una «povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca».
Il Papa stava parlando di Daria Dugina, figlia di Aleksandr Dugin, filosofo e grande supporter dell’invasione dei russi nel Paese governato da Zelensky. Queste parole non hanno fatto piacere al governo ucraino, e il loro ambasciatore presso il Vaticano, Andrii Yurash, ha dichiarato “deludenti” le parole di Bergoglio.
Ieri Kiev ha inoltre convocato il nunzio apostolico in Ucraina, Visvalas Kulbokas, per comunicargli di persona che il governo ucraino auspica «che in futuro la Santa Sede eviti dichiarazioni ingiuste che causano la delusione nella società ucraina».
Il governo di Kiev, al termine dell’incontro con l’ambasciatore, ha rilasciato una comunicazione in cui sottolinea che «la decisione di Papa Francesco di menzionare nel contesto della guerra russo-ucraina la morte di un cittadino russo sul territorio della Russia, con la quale l’Ucraina non ha nulla a che fare, provoca incomprensioni».
Al nunzio apostolico, oltretutto, hanno comunicato che Kiev è molto «delusa dalle parole del Pontefice, che equiparano ingiustamente l’aggressore e la vittima».
La nota del ministero degli Esteri ucraino ha messo in evidenza«il fatto che, dall’inizio dell’invasione su vasta scala della Federazione Russa in Ucraina, il Pontefice non ha mai prestato particolare attenzione alle vittime specifiche della guerra, tra cui 376 bambini ucraini morti per mano degli occupanti russi».
Eppure il discorso del Papa comprendeva un passaggio in cui si parlava dei bambini deceduto a causa del conflitto:«Penso ai bambini, tanti morti, poi tanti rifugiati tanti feriti, tanti bambini ucraini e bambini russi che sono diventati orfani e l’orfanità non ha nazionalità, hanno perso il papà o la mamma, siano russi, siano ucraini».
Parole forse considerate un po’ troppo “magnanime” dal governo di Kiev, che dall’inizio del conflitto ci ha sempre tenuto a distinguere bene gli aggressori dagli assaliti. Differenza che per Kiev non consente alcuna compassione per i decessi dei nemici.