Su Instagram l’iinfluencer fa una chiara scelta di campo schierandosi contro il partito di Giorgia Meloni in nome della difesa dell’aborto.
Una netta presa di posizione contro il centrodestra quella di Chiara Ferragni. Che ha subito galvanizzato alcuni politici del centrosinistra.
Chiara Ferragni entra a gamba tesa in campagna elettorale. E lo fa, con tutto il peso dei suoi 20 milioni di followers, agitando uno dei temi eticamente più sensibili come l’aborto – tanto più dopo la sentenza della Corte Suprema Usa -, una delle “bandiere” della sinistra che ha bisogno di compattarsi sui propri “valori” in una campagna elettorale dove il centrodestra capitanato da Giorgia Meloni sembra essere in netto vantaggio.
Così la nota influencer ha fatto irruzione in campagna elettorale attaccando il partito di Giorgia Meloni e il diritto all’obiezione di coscienza che, a dire della Ferragni, in moltissime regioni d’Italia renderebbe impossibile abortire per via dell’alto numero di ginecologi obiettori. «Ora è il nostro tempo di agire e far sì che queste cose non accadano» scrive la star indiscussa delle influencer.
Un intervento, quello della Ferragni, avvenuto attraverso una story pubblicata sul suo profilo Instagram. L’influencer ha preso spunto dalle Marche, dalle quali proprio ieri, ad Ancona, è partita la campagna elettorale della leader Fdi Giorgia Meloni.
L’attacco sul profilo Instagram
«FdI – si legge sul profilo social di Chiara Ferragni – ha reso praticamente impossibile abortire nella Marche, regione che governa. Una politica che rischia di diventare nazionale se la destra vince le elezioni». Un messaggio scarno e telegrafico ma più che sufficiente per entrare nel vivo della campagna elettorale per il voto del 25 settembre.
L’influencer si collega a una denuncia avanzata lo scorso giugno in consiglio regionale da Manuela Bora, del Partito democratico. Che aveva scritto, in tono polemico, che «per abortire le Marche sono peggio del Texas». La polemica dell’esponente de prendeva di mira Regione – governata dalla giunta di centrodestra guidata dal meloniano Francesco Acquaroli – che a suo dire non starebbe applicando le direttive del ministero della salute sulla legge 194. In particolare – denunciava la consigliera del Pd – la Regione non permetterebbe di accedere all’aborto farmacologico (attraverso la pillola Ru 486) nei consultori. Costringendo così le donne a rivolgersi agli ospedali. Nelle Marche però c’è una delle percentuali più alte di medici obiettori, in alcuni ospedali con punte dell’80%. Un fatto che impedirebbe alle donne di aborrire.
Una linea analoga è stata seguita in altre due Regioni amministrate dal centrodestra: Umbria e Abruzzo. In Umbria per le pazienti che vogliono abortire è previsto un ricovero obbligatorio di tre giorni in ospedale (vietato l’aborto farmacologico nei consultori o a domicilio); mentre in Abruzzo il governatore Marco Marsilio in una circolare ha raccomandato ai consultori di non prescrivere la «pillola del giorno dopo». Anche in Piemonte il centrodestra vuole circoscrivere la pratica abortiva agli ospedali.
Il plauso del Pd
La difesa dell’aborto di Chiara Ferragni ha trovato una sponda, ovviamente, nel Pd. La parlamentare dem Alessia Morani ha preso le sue parti su Twitter: «Grazie a Chiara Ferragni si accende un faro sulle Marche governate da FdI. Sono due anni che portiamo avanti questa battaglia nell’indifferenza dei più».
Entra in gioco, sempre tra gli esponenti del Pd, anche Valeria Fedeli. Che si chiede: «Cosa ne pensa Giorgia Meloni?»
La replica di Fratelli d’Italia
A stretto giro di posta è arrivata anche la replica di Fratelli d’Italia, attraverso Isabella Rauti, responsabile del dipartimento famiglia di Fratelli d’Italia, e Eugenia Roccella candidata nelle liste di FdI. «Se la stampa e le influencer vogliono occuparsi seriamente dell’aborto nella regione Marche – affermano Rauti e Roccella – dovrebbero informarsi sulla base dei dati e consultare le relazioni annuali al Parlamento sulla legge 194. Per esempio, leggendo l’ultima firmata dal ministro Speranza si evince che nelle Marche l’offerta del cosiddetto servizio di Ivg è di gran lunga superiore a quella nazionale: le interruzioni volontarie di gravidanza, possono essere effettuate nel 92,9% delle strutture sanitarie mentre la media italiana è del 62%».
Mentre «per quanto riguarda gli obiettori, il numero di aborti a carico dei medici non obiettori è 0,8 aborti a settimana, non sembra quindi che l’obiezione di coscienza, diritto civile previsto dalla legge 194, sia un ostacolo».
Ma le due esponenti di FdI ne hanno anche per l’aborto farmacologico: «Per quanto riguarda il cosiddetto “aborto chimico” (pillola RU486), invece, va ricordato che le linee guida del Ministero non sono vincolanti (infatti l’Emilia Romagna ne ha sempre avute di proprie, diverse da quelle nazionali); e soprattutto che quelle attuali, emanate dal ministro Speranza, non rispettano la stessa legge 194, quando prevedono che l’aborto possa essere effettuato nei consultori ovvero fuori dalle strutture ospedaliere. È doveroso ricordare anche che la pillola Ru486 è un aborto più economico per il servizio sanitario ma più pericoloso per la salute delle donne, considerati i numerosi effetti collaterali e una mortalità più alta, come emerge dalla letteratura scientifica in materia».