Un’attivista racconta l’inferno dell’Afghanistan sotto il potere dei talebani

L’AGI intervista una giovane attivista afghana costretta a rifugiarsi in Italia quando un anno fa Kabul cadeva nelle mani dei talebani.

Un racconto tormentato e sofferto con giudizi chiari anche sulle colpe occidentali, incluse quelle dei media.

Donne afghane protestano a Kabul contro i talebani – Meteoweek

Di Afghanistan non si sente più parlare nei media, eppure in un solo anno di potere talebano la situazione è notevolmente peggiorata. Il mio popolo è passato dalla ‘padella’ durante l’occupazione Usa all’inferno di un governo barbaro e fondamentalista che ha riportato il mio Paese al Medioevo”.

Chi pronuncia queste parole sofferte, in un’intervista rilasciata all’AGI, è una donna chiamata Sapeda. Un nome di copertura per ovvie ragioni di sicurezza. Sapeda è una dentista, attivista sociale e politica. Proprio un anno fa, quando i talebani prendevano il potere a Kabul, Sapeda si trovava in Italia per un Master. E si è vista costretta a presentare domanda di asilo.

“Per tutti gli afghani, in particolar modo per donne e ragazze, il 15 agosto 2021 rappresenta un giorno molto buio, anche se quegli eventi non sono stati una sorpresa: Stati Uniti e alleati avevano preparato il terreno per il ritorno dei talebani durante i colloqui di Doha“, ha spiegato Sapeda all’AGI.

Per Sapeda, come per tanti afghani, il ritorno al potere dei talebani al potere non è stato quindi una sorpresa. Di segnali ce n’erano stati diversi. La giovane attivista menziona la scarcerazione dei leader talebani da Guantanamo e Bagram, il rilascio di altri 5 mila prigionieri, lo stralcio dei terroristi e criminali di guerra dalla “black list” dell’Onu. Senza contare quella che Sapeda considera una delle maggiori criticità, vale a dire aver affidato la supervisione dei colloqui a quello che definisce “un traditore come Zalmay Khalilzad”.

Le colpe di Usa e Nato

La rifugiata afghana punta il dito sugli Stati Uniti e sugli alleati della Nato. Per 20 anni hanno permesso che i talebani si rafforzassero segretamente, mettendo a segno attentati suicidi prevalentemente ai danni di civili innocenti. “La gente deve sapere che l’Afghanistan non è stato affatto un paradiso durante la permanenza Usa, anche se oggi se la passa peggio”, ha denunciato Sapeda, la cui famiglia vive ancora in Afghanistan.

L’Afghanistan è un paese finito nell’abisso. Non solo nel campo delle violazioni dei diritti delle donne, private di libertà elementari come quelle di poter studiare, lavorare, uscire di casa da sole, andare in taxi e indossare vestiti colorati. Sotto i talebani il Paese attraversa anche una crisi sociale pesantissima. “Il potere talebano è la causa di povertà estrema, disoccupazione record, insicurezza diffusa, boom di matrimoni forzati e spose bambine a livelli senza precedenti, anche come conseguenza della povertà e di condizioni di vita terrificanti”, insiste la dentista afghana.

Una situazione che da qualche settimana si sta anche aggravando con attentati suicidi diretti contro le minoranze religiose ed etniche, come sciiti e hazari, con l’uccisione di centinaia di persone, bambini compresi. Eppure, spiega Sapeda, una piccola luce di speranza in mezzo al caos e al buio c’è: “Le donne sono riuscite a provare che non possono più essere messe a tacere e incatenate da queste forze reazionarie e fondamentalisti. Anche se rischiano la propria vita, porteranno sempre avanti la loro lotta coraggiosa”.

La critica ai mass media occidentali

L’attivista critica i media occidentali mainstream per la capacità di concentrazione davvero limitata, ieri dedicata all’Afghanistan, oggi all’Ucraina, domani a un altro Paese ancora. Con l’effetto di disinformare e confondere i lettori. Sapeda lancia un doppio appello: al governo italiano e alla Ue. Da un lato invita a non supportare più Stati Uniti e Nato nelle loro politiche guerrafondaie. Dall’altro esorta a non riconoscere mai il potere dei talebani. Anche nel caso in cui dovessero dare vita a un esecutivo “inclusivo” con persone di tutte le minoranze etniche e religiose al suo interno. Questo perché “ad ogni modo non cambierà mai la loro essenza barbarica, fondamentalista e reazionaria“, incalza Sapeda.

L’altra richiesta dell’attivista afghana è quella di sostenere movimenti secolari, indipendenti e popolari come, tra gli altri, le organizzazioni Rawa e Hambastagi, anziché i politici più affermati e i cosiddetti attivisti che “ci hanno soltanto tradito e si sono arricchiti in questi 20 anni“. Tra loro Sapeda menziona Habiba Sarabi e Fawzia Koofi. Per la dentista si tratta di “persone che hanno reso popolare la grande macchina mediatica Usa e non hanno alcun posto nel cuore degli afghani, non li rappresentano affatto, le donne in particolar modo”.

Le pecche dell’accoglienza dei rifugiati in Italia

Quanto alla cooperazione internazionale, Sapeda suggerisce di fare donazioni a piccole Ong più affidabili delle organizzazioni più grandi. “In questi 20 anni di permanenza Usa, più di un milione di milioni di dollari (circa 720 mila milioni di euro) è stato speso in Afghanistan, eppure ci sono volute davvero poche ore per far crollare un intero Paese”, osserva la giovane attivista che auspica invece procedure più veloci per evacuare gli afghani che rischiano la vita, “anche se un milione di persone riuscisse a fuggire in America o in Europa, altri 30 milioni rimarrebbero comunque a soffrire in patria”.

Molto aspro, poi, il giudizio di Sapeda sull’accoglienza dei rifugiati in Italia, “la maggior parte dei quali è intrappolata in un sistema burocratico molto complesso e con la difficoltà della lingua, soprattutto dopo essere traumatizzati e sotto shock per lo sradicamento totale”. Per lei non c’è ingiustizia maggiore che quella di discriminare tra migranti. Tra rifugiati dall’Ucraina e gli altri, per esempio. Come se non fossero tutti nella stessa condizione di povertà, incertezza, privazione di diritti umani basilari, di cibo e di acqua.

“Credo che l’unica soluzione per l’Afghanistan sia che il suo popolo si unisca per combattere contro ogni forma di fondamentalismo e contro i loro padroni all’estero, dall’Arabia Saudita all’Iran, dagli Usa alla Turchia” afferma con decisione la determinata attivista. Le donne afghane hanno “un potenziale straordinario”, decisivo per il loro futuro e quello del Paese. Ma, conclude Sapeda, “è responsabilità dei partiti secolari e democratici aiutarle ad organizzarsi e mobilitarsi per un cammino di libertà, democrazia, indipendenza e giustizia sociale”.

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