L’adescatore, un uomo di 30 anni, con foto rubate, faceva finta di essere un 14enne e così convinceva le ragazzine a spogliarsi e commettere atti sessuali
Sono circa 26 le ragazzine che un uomo di circa 30 anni adescava online, facendo finta di essere un ragazzino di 14 anni. Così riusciva a convincere le bambine/ragazzine a spogliarsi e commettere atti sessuali.
Le vittime prescelte dal 30enne erano bambine di età compresa tra i 10 e i 13 anni, che adescava tramite whatsapp spacciandosi, per l’appunto, per un ragazzino di 14 anni. L’uomo che adescava le bambine era un insospettabile impiegato di circa 30 anni, che è finito in manette a Milano, come scrive Il Giorno.
Nel computer dell’uomo, gli investigatori hanno trovato 177 immagini del ragazzino di 14 anni a cui aveva rubato le foto, e con cui aveva costruito una falsa identità che gli consentiva di adescare le sue vittime.
Ovviamente erano ancora di più le foto delle vittime nude, che l’uomo conservava nel suo pc. Il trentenne è una persona che nessuno avrebbe potuto sospettare, che aveva un lavoro fisso come impiegato e che era pure fidanzato. L’uomo dapprima è stato portato in carcere, e poi ai domiciliari, e i capi d’accusa sono ben 40.
L’inchiesta è stata portata avanti dagli inquirenti guidati dal pm Giovanni Terzia, ed è scattata quando i familiari di una delle bambine hanno sporto denuncia ai carabinieri. La bambina, infatti, dopo aver conosciuto il 30enne, era fortemente turbata. Aiutata da uno psicologo, la piccola è riuscita a raccontare cosa era successo, pure del rapporto sessuale avuto con l’uomo in modo virtuale, e grazie alla sua versione si è riusciti a rintracciare il 30enne.
Tra i reati di cui l’uomo è accusato ci sono possesso e cessione di materiale pedopornografico, oltre, naturalmente, a quello di abuso sessuale aggravato dal fatto che le sue vittime erano minorenni, anche se si è trattato di una violenza sessuale occorsa in modo virtuale. D’altronde si tratta di un qualcosa che nei bambini crea grave turbamento interiore. L’uomo è finito in manette, ai domiciliari, come stabilito dal Riesame. Il pm si è opposto a questa scelta sottolineando che è molto grave far rimanere un pedofilo nella propria abitazione da solo.