La guerra potrebbe rapidamente spostarsi sul suolo dei paesi membri, per questo la Commissione ha stanziato un fondo per l’acquisto di nuovi armamenti. Ma se la guerra è un rischio, la crisi idrica, energetica e sanitaria sono una realtà a cui rispondere immediatamente.
La Commissione europea vuole una Europa più armata. E’ infatti in procinto di presentare un piano di acquisto comune di armamenti da 500 milioni di euro per il 2022-24 che prevede di ricostruire gli arsenali con “munizioni d’artiglieria leggera e pesante, sistemi di difesa antiaerea e anticarro, carri e blindati“, come riferito dal commissario europeo all’Industria Thierry Breton in conferenza stampa.
Una scelta del tutto nuova per l’Ue che da sempre disincentiva i cittadini all’acquisto di armi. Ma l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e la possibilità che la guerra possa raggiungere i confini dell’Unione sta spingendo la Commissione in questa direzione, incitando a una nuova guerra fredda in cui l’Europa diventa scenario probabile di nuovi scontri.
Prevenire è la motivazione di questa scelta. Moltissime delle armi presenti sul territorio europeo sono state inviate ai soldati ucraini per contrastare l’esercito di Vladimir Putin e oltre all’acquisto nuove armi gli stati membri verranno incentivati all’acquisto di nuovi armamenti. Sebbene il pericolo di una guerra sul suolo Ue sia concreta, la scelta della Commissione di investire altro denaro in armi che difficilmente potrebbero essere utilizzate appare però priva di senso, soprattutto in una fase molto complicata in cui gli investimenti in denaro sarebbe meglio fossero dirottati su altre necessità.
UNA CRISI DOPO L’ALTRA
La prima emergenza è ancora quella del Covid. La Germania in primis si è dimostrata incapace di affrontare l’ultima ondata del virus, con terapie intensive piene e mancanza di personale sanitario in grado di sostenere l’enorme numero di nuovi casi. Eppure sono passati oltre due anni dall’arrivo del Covid in Europa e a tutti gli stati membri si era raccomandato di dotarsi di strutture idonee ad affrontare anche l’eventualità di nuove pandemie.
Alla crisi pandemica si aggiunge la crisi ambientale. Proprio l’Italia si trova davanti a una crisi idrica senza precedenti e le prospettive per i prossimi anni ci dicono che la situazione sarà in peggioramento. Oltre alla necessità di ridurre le emissioni di idrocarburi, bisogna anche pensare a investimenti per la creazione di impianti di desalinizzazione e la conservazione e distribuzione di acqua dolce.
E in ultimo la crisi del gas. La Russia sta per tagliare i rubinetti con l’Europa, rischiamo un inverno molto complicato senza rifornimenti, le alternative al gas russo sono ancora poche e gli impianti di stoccaggio potrebbero non avere abbastanza risorse per sostenere i prossimi mesi. Serve una svolta ecologica immediata e incisiva.