Arrestato il potente boss del narcotraffico Rafael Caro Quintero, uno dei più pericolosi criminali al mondo.
La sua vita è stata raccontata da una serie di Netflix. A metà anni Ottanta l’omicidio di un agente antidroga americano gli era costata una condanna pesantissima. Ma poi era riuscito a uscire di galera grazie a un cavillo, riprendendo i suoi vecchi traffici con la droga.
Fuga finita per Rafael Caro Quintero, il famigerato signore della droga messicano. Le forze della sicurezza messicana hanno catturato il boss del narcotraffico, «il più ricercato» dall’Fbi come lo hanno definito i funzionari statunitensi e mass media del Messico.
Quintero, 69 anni, uno degli storici «nemici pubblici» della Dea, vale a dire la Drug Enforcement Administration, l’agenzia antidroga americana, è stato scovato grazie a un cane di nome Max. Il re della droga si trovava nascosto in un albergo nella città di San Simon, nello stato di Sinaloa. Gli Stati Uniti, per bocca del procuratore generale Merrick Garland, hanno già fatto sapere che chiederanno l’estradizione immediata.
Tra le altre cose Quintero, è responsabile di aver torturato e ucciso un agente della Dea nel 1985. La vicenda del narcotrafficante è stata raccontata nella serie ‘Narcos’ su Netflix. A prestare il proprio volto al signore della droga è stato l’attore Tenoch Huerta.
Durante l’operazione che ha portato alla cattura di Quintero un elicottero Blackhawk della marina messicana si è schiantato al suolo nello stato di Sinaloa. Nel tremendo impatto avvenuto nei pressi della città costiera di Los Mochis sono morte quattordici persone a bordo. Lo ha reso noto la Marina messicana, per la quale non sembra che l’incidente fosse legato alla cattura del narcotrafficante. Sullo schianto dell’elicottero è stata aperta una inchiesta.
Rafael Caro Quintero è diventato celebre per essere il co-fondatore del cartello ‘Guadalajara’, una delle più potenti organizzazioni criminali del traffico di droga dell’America Latina negli anni Ottanta.
Già condannato a 40 anni, è uscito di galera nel 2013 dopo aver scontato 28 anni di carcere. Il motivo? Questioni tecniche sollevate da un giudice messicano. Annullata così la sua condanna a 40 anni per aver rapito, torturato e ucciso nel 1985 l’agente della Dea Enrique «Kiki» Camarena.
Dopo il rilascio e prima che la Corte suprema confermasse la sua sentenza, il pericoloso boss si era già dileguato riprendendo a gestire i traffici di droga e scatenando feroci lotte tra gruppi di narcos rivali.
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