È morto a 98 anni Eugenio Scalfari. Il celebre giornalista e scrittore è deceduto oggi, 14 luglio.
Fondatore nel 1976 del quotidiano la Repubblica, era annoverato tra le firme più prestigiose della stampa italiana.
Nato nel 1924 a Civitavecchia, Scalfari è stato anche attivo in politica. Tra il 1968 e il 1972 è stato deputato, eletto come indipendente nelle liste del PSI. Ha anche preso parte alla nascita del Partito Radicale. Oltre che su Repubblica, la sua firma è apparsa anche su l Mondo, l’Europeo e l’Espresso (che ha contribuito a fondare).
Con la sua morte al giornalismo italiano viene a mancare una delle figure più di spicco. Sempre capace di animare discussioni e polemiche, Scalfari ha saputo inventare un nuovo modo, più diretto e avvincente, di raccontare sui giornali la politica e l’economia. Ma anche introducendo un approccio più militante, senza mai evitare di schierarsi in modo netto quando lo riteneva il caso.
Di questo giornalismo militante reca traccia la sua creatura prediletta — il quotidiano la Repubblica, da lui fondato nel 1976 — spesso descritta come un «giornale-partito», a causa della perseveranza e dell’aggressività con cui portava avanti alcune campagne chiave per i delicati equilibri italiani. La cultura di riferimento di Scalfari era quella della cosiddetta “sinistra laica”, convinta di dover rivestire un ruolo civilizzatore.
Gli esordi nel giornalismo politico
Comincia a interessarsi al giornalismo politico fin da giovanissimo, scrivendo su Nuovo Occidente e Roma Fascista. Dopo l’esperienza giovanile a Roma nei Gruppi universitari fascisti (Guf), dai quali viene espulso nel 1943 alla vigilia della caduta del regime, si orienta verso posizioni liberali.
Entra dunque nell’ambiente liberaldemocratico, con venature azionista, che ruotava attorno al settimanale Il Mondo, diretto da Mario Pannunzio, che vantava tra le sue firme personaggi come Benedetto Croce e Gaetano Salvemini.
Le esperienze politiche: dai radicali ai socialisti
In politica Scalfari ha militato nel Partito radicale negli anni ’50. Un’esperienza poi abbandonata per contrasti con Marco Pannella. Scalfari passa dunque tra le fila del Partito socialista, scontrandosi con Bettino Craxi (da lui paragonato al fuorilegge medievale Ghino di Tacco). Dialoga costantemente col Partito comunista, specialmente ai tempi di Enrico Berlinguer, allo scopo di propiziarne l”occidentalizzazione’, come è stato detto.
Libertino e anticlericale sul piano filosofico, ha comunque coltivato una sua viva sensibilità spirituale interloquendo soprattutto con papa Francesco.
Una penna vivace e un conversatore brillante
Scalfari maneggiava la penna con maestria, facendo leva su un registro vivace e talvolta fluviale. E’ stato anche un conversatore brillante e salace, capace di battute fulminanti. Amava anche la musica (sapeva suonare il pianoforte).
Dotato di grandi doti manageriali, riusciva a valorizzare i talenti giornalistici delle sue testate, dirette con piglio dinamico e paternalistico. Con lui alla guida, L’Espresso ha ottenuto ottimi risultati. Anche con Repubblica ha saputo plasmare un giornale in grado, dopo le prime difficoltà, di rivaleggiare alla pari con quotidiani italiani “storici” come il Corriere della Sera e La Stampa.