L’avvenire del Movimento ha a che fare in parte con la sopravvivenza del governo (che comunque avrebbe i numeri pure senza di loro) ma anche col fatto che sta assumendo contorni sempre più pirandelliani
Il domani del Movimento interessa la sopravvivenza dell’esecutivo (che tuttavia avrebbe i numeri pure senza di loro), ma la questione ormai da tempo non è quasi più ‘dove va il M5s’, in quanto il Movimento stesso sta assumendo contorni alquanto pirandelliani, da “Uno, nessuno e centomila”.
Si parte dalla scissione della parte governista, come riporta Il Corriere della Sera, trainata da Luigi Di Maio. Ma vi sono anche altri personaggi che non cercano forse solo un autore ma probabilmente anche un partito: si tratta di Alessandro Di Battista, che alterna l’essere attivista all’essere reporter, o Virginia Raggi, ex sindaco di Roma, che tuttavia nonostante spesso fosse criticata nel periodo della sua amministrazione, vanta un suo peso specifico. E ancora Giuseppe Conte, che temporeggia con un piede all’interno dell’esecutivo e l’altro fuori.
C’è dunque un filo comune in questa complicata matassa? Ebbene, probabilmente ce n’è più di uno. Ad esempio, di Virginia Raggi si vocifera che voglia lasciare il Movimento. La ragione? Per candidarsi necessiterebbe di una deroga alla norma che impone il limite dei due mandati. Sennò ci sarebbe Luigi Di Maio, con cui però non ha avuto un rapporto sempre stabile. Resterebbe quindi la possibilità che Raggi si crei un suo partito, sfruttando il credito che ha avuto, nonostante momenti meno positivi, in questi anni.
Oggi Di Battista si cimenta tra due ruoli, quello dell’attivista e del reporter. Si trova in Russia, per Il Fatto Quotidiano, e potrebbe tornare nel M5s solo se, Conte dovesse optare per l’uscita dall’esecutivo. A quel punto, se dovesse saltare l’ormai noto limite dei due mandati, sarebbero in parecchi a rientrare, pure Raggi. Di Battista potrebbe decidere di candidarsi per le elezioni e poi sfidare il capo, in coppia con l’ex sindaca, indebolito da votazioni non esattamente brillanti e dal fatto di aver aderito all’esecutivo. Se invece Conte dovesse decidere di non lasciare, l’alternativa potrebbe essere rimettersi in gioco con un suo partito o con la Raggi.
Ci sono però tre appunti da fare: Di Battista non è particolarmente amato nei 5 Stelle e la sua linea anti atlantica non si combina con quella di Conte. In ultimo, è un uomo che ama giocare in solitaria che da leader. Raggi e Di Battista potrebbero essere politicamente compatibili, e con Di Maio al centro e un Conte laburista, si andrebbe a coprire l’arco parlamentare. A loro potrebbe aggiungersi un altro ex M5s, Gianluigi Paragone di Italexit. Vedremo dunque cosa accadrà, fino ad allora tutto è possibile.
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