Parla il ‘re della Marmolada’, uno dei più forti praticanti di sci estremo al mondo. Per lui il disastro era evitabile.
Con un monitoraggio serio da parte di esperti attrezzati ci si sarebbe accorti che una porzione di ghiacciaio stava scivolando.
Una tragedia che poteva essere evitata. Lo dice Toni Valeruz, soprannominato ‘Tone’, l’alpinista di Alba di Canazei che per ben 900 volte ha scalato la ‘Regina delle Dolomiti’ in ogni condizione meteorologica. Ma la montagna che lo ha reso famoso è il Gran Vernel, disceso quaranta volte sugli sci dribblando neve, ghiaccio e rocce.
Scialpinista, alpinista, guida alpina e maestro di sci, Valeruz ha un curriculum di tutto rispetto, potendo vantare più di cento prime discese con gli sci dalle montagne delle Alpi e delle Ande. ‘Tone’, che ha concentrato la sua attività tra il 1978 e il 1995, adesso ha 71 anni. In una intervista all’AGI ha detto la sua sulla tragedia di domenica, quando un enorme blocco di ghiaccio ha travolto due cordate di escursionisti. Con un bilancio che attualmente parla di sette morti accertati, otto feriti e cinque dispersi.
Molti hanno sposato la linea della tragica fatalità. Ma non Valeruz, per il quale la strage era evitabile. “Questa immensa tragedia poteva essere evitata con un’azione di monitoraggio serio, con persone esperte e professionali in loco dotate di attrezzatura idonea che esiste in Italia e in Val di Fassa“, spiega, “l’esperto deve giudicare da dentro la montagna e non da fuori. Persone competenti in loco avrebbero captato che quella fenditura piena d’acqua si spostava giorno dopo giorno. Bastava sedersi accanto alla fenditura e non si rischiava nulla“.
Non crollo, ma slittamento di una porzione del ghiacciaio
Poi il leggendario alpinista fassano entra nell’aspetto più tecnico di quanto è avvenuto. “È falso parlare di crollo, quello che è accaduto è stato uno slittamento di una porzione di ghiaccio. Quella fenditura era gonfia d’acqua anche perché lo zero termico a mezzanotte da giorni era oltre i 4000 metri e l’acqua continuava a scorrere. Bisognava attivare un’azione di monitoraggio dentro la montagna con personale specializzato“.
Poi arriva la precisazione: “La Marmolada non è una montagna pericolosa, ora, però, non nascano le crociate contro la montagna. L’alpinista sa che corre dei rischi, l’alpinista sa che è responsabile delle proprie azioni e che potrebbe anche morire”. Nel giro di alcuni decenni però molto è cambiato in vetta: “La Marmolada oggi è irriconoscibile rispetto a 20 anni fa, ci sono i notevoli cambiamenti climatici, questo è il gioco geologico della terra ed è inutile ad andare a cercare responsabilità anche perché il ragionamento geologico è diverso da quello umano”, afferma ‘Tone’.