Mostro di Firenze, familiari vittime vogliono avocazione inchiesta:«Troppe verità negate»

L’atto depositato dal legale Valter Biscotti, difensore della figlia Nadine Mauriot, uccisa con il compagno 37 anni fa (1985) a San Casciano. Tutti gli indizi “dimenticati” nelle indagini. 

L’avvocato Valter Biscotti ha fatto richiesta di avocazione delle indagini sulla cosiddetta vicenda del mostro di Firenze. Il legale è difensore di Nadine Mauriot, assassinata con il compagno Michel nel 1985, a San Casciano (Firenze).

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I due fidanzati erano in vacanza. L’azione del legale avviene a seguito dell’impedimento nello svolgere indagini difensive e si fonda su fatti diversi, dall’assenza di risposte alle legittime richieste di accedere agli atti, all’assenza di messa a disposizione da parte della Corte d’Assise del documento che riguarda Pietro Pacciani.

Tra gli indizi principali, c’è la vicenda del proiettile rinvenuto nel giardino di Pacciani, messo in dubbio dopo una perizia. Ultimamente, con due colleghi che assistono i familiari di altre vittime, aveva chiesto che i casi venissero riaperti. Ma aveva ricevuto totale disinteresse. Eppure, il materiale per rianalizzare quei fatti rende legittimo almeno il dubbio, a partire da un’informativa risalente all’ottobre 1984, in cui veniva fatta l’ipotesi che una Beretta calibro 22, rubata anni addietro in un’armeria e mai più rinvenuta, potesse essere riconducibile agli omicidi commessi dal ‘mostro’.

La pistola conduceva da un uomo, che aveva già una denuncia per reati contro la libertà sessuale. Quando perquisirono la sua casa, trovarono 10 bossoli e due cartucce calibro 22. Ma nel lungo elenco di persone indagate per scoprire chi fosse il serial killer, quell’uomo non venne mai incluso tra i papabili sospettati. Ergo, i giudici avrebbero trascurato il report dei carabinieri a fronte di una lunga lista di presunti killer.

L’accesso a tutti gli atti potrebbe consolidare le indagini della difesa basandosi su un dato oggettivo, ossia che per tre doppi omicidi, tuttora non ci sono sentenze definitive sul colpevole o più colpevoli. Oltre a queste, avrebbero ignorato anche una traccia di Dna isolata da una delle tre buste mandate dal killer a tre giudici che stavano svolgendo le indagini, in cui c’erano lettere minatorie e bossoli.  Biscotti afferma infine:«Noi vogliamo vedere tutti gli atti perché li c’è la verità degli otto duplici omicidi. Una verità a mio giudizio che non ha nulla a che vedere con istruttorie e sentenze fino ad ora conosciute».

 

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