Il giudice ha ordinato l’esecuzione di test tossicologici sul compagno Simone Vultaggio. Ecco cosa è successo
Le avrebbe dato un colpo usando il mattarello per renderla priva di sensi e poi inferto trenta coltellate per ucciderla, di cui una alla giugulare.
Così Simone Benedetto Vultaggio, 47 anni, avrebbe tolto la vita a Cristina Peroni, 33 anni, nella mattinata di ieri, a Rimini. Questo è quanto ipotizza il medico legale a cui il sostituto procuratore Bertuzzi ha chiesto di eseguire un primo esame autoptico.
Il giudice ha ordinato di eseguire test tossicologici su Vultaggio per comprendere se fosse o meno sotto effetto di droghe quando ha assassinato la compagna con il figlio di sei mesi nella camera affianco. Da quanto ipotizzano gli inquirenti, sarebbe dunque un coltello l’arma del femminicidio, e l’elevato numero di inferti, spiegherebbero come mai il killer era tutto macchiato di sangue.
Ergo, il killer avrebbe usato il mattarello solo come arma per stordire la 33enne. Si tratta finora di ipotesi che gli inquirenti stanno formulando in attesa che l’assassino racconti la propria versione. Vultaggio, infatti, non ha detto nulla: le sue affermazioni sono solo quelle che ha fornito ai vicini di casa dopo l’omicidio, garantendo che al figlio non aveva fatto niente.
Alla polizia avrebbe detto:«Non me lo faceva prendere in braccio». Nella casa del 47enne, gli agenti hanno rinvenuto proiettili e armi del delitto. Cristina, 33 anni, di Roma, si era stabilita a Rimini da un anno. Lei e Simone si erano conosciuti su internet, nel periodo del lockdown. Ultimamente i due avevano frequenti liti, confermate dai vicini, per la gestione del figlio che l’uomo non vedeva da un po’ di tempo. Cristina, infatti, era rientrata a Rimini da una settimana, dopo essere stata a Roma per far visita a sua nonna.