I giudici della Corte suprema annullano la sentenza «Roe vs. Wade» che aveva introdotto il diritto all’aborto negli Stati Uniti.
Adesso la palla, in tema d’aborto, torna agli Stati federali. Una decisione storica che divide in due l’America.
Con una sentenza epocale la Corte suprema riscrive un pezzo di storia americana. E non solo. Ieri, venerdì 24 giugno, la Corte ha cancellato infatti la sentenza Roe vs. Wade che nel 1973, quasi cinquant’anni fa, aveva introdotto il diritto di aborto negli Usa.
Una decisione arrivata a maggioranza netta: sei giudici contro tre hanno votato per annullare la Roe vs. Wade. Si è imposto il blocco conservatore formato da Samuel Alito (è stato lui a scrivere il parere vincente), Thomas Clarence, Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett. Decisivi gli ultimi tre giudici, quelli nominati da Donald Trump. Voto favorevole anche da parte del presidente John G. Roberts. Contro la decisione di annullare la Roe vs. Wade hanno votato invece le tre toghe liberal: Sonia Sotomayor, Elena Kagan, Stephen Breyer (che lascerà a breve). «Molte donne hanno perso una tutela costituzionale fondamentale. Noi dissentiamo», hanno protestato i tre giudici progresssisti.
Giunge così alla conclusione un cammino iniziato l’autunno scorso, con la Corte che aveva esaminato la causa costituzionale intentata dalla Jackson Women’s Health Organization contro la legge adottata nel 2018 dal Mississippi, stato sotto il controllo repubblicano. La norma vieta l’aborto dopo la quindicesima settimana di gravidanza. Mentre la sentenza Planned Parenthood v. Casey (1972) prevede che si possa abortire fino al momento in cui il concepito non è considerato autosufficiente, ovvero fino a circa sette mesi di gravidanza. Il parere del giudice Alito, poi condiviso da altri cinque suoi colleghi, ha tagliato di netto la questione: «La sentenza Roe vs. Wade è nata sbagliata».
Le decisioni torneranno ai singoli stati
Le toghe della Corte suprema hanno contestato in radice il fondamento giuridico del diritto di scelta (pro choice), che si appellava al 14° Emendamento della Costituzione americana, quello che garantisce ai cittadini le libertà politiche e civili. Una norma introdotta nel 1868, quando «neanche si discuteva di aborto». Nessun motivo, quindi, per assicurare su tutto il territorio federale il diritto di scelta in materia d’aborto. Conseguenza immediata: la materia «dovrà tornare ai singoli stati».
Gli Stati americani che hanno introdotto legislazioni molto restrittive sono già 22. Il Texas, ad esempio. Più recentemente anche l’Oklahoma. E ce ne sono altri quattro già pronti a seguire a ruota la linea ‘pro life’. Mentre dovrebbero restare ‘pro choice’ gli Stati liberal delle due coste, da New York alla California. Si prospetta un Paese dunque ancor più lacerato e diviso. Un tema, quello dell’aborto, che «diventerà centrale nelle elezioni di midterm a novembre», come ha dichiarato la portavoce della Camera Usa Nancy Pelosi.
Dopo la decisione della Corte, subito sono partite le proteste, con centinaia di persone a protestare di fronte al palazzo della Scotus.
Le reazioni della politica
Di segno opposto ovviamente le reazioni. Il presidente Joe Biden, qualche ora dopo la decisione della Corte, ha parlato di «un tragico errore». «Oggi è un giorno triste per l’America», ha aggiunto. Biden ha poi scaricato sul rivale Donald Trump la responsabilità di una decisione che rovescia la sentenza Roe vs. Wade: «Sono stati tre giudici nominati da un presidente, Donald Trump, quelli al centro della decisione odierna di eliminare un diritto fondamentale delle donne in questo Paese», ha detto il presidente dem.
Per Biden «questa decisione è la realizzazione di tentativi che vanno avanti da decenni per rovesciare le leggi, la realizzazione di un’ideologia estrema: la Corte ha fatto una cosa mai fatta prima, togliere un diritto costituzionale fondamentale per milioni di americani. Non lo ha limitato, lo ha semplicemente eliminato». Adesso, incalza Biden la salute delle donne è «a rischio».
Irritazione arriva anche dal Dipartimento di Giustizia americano. Che ha annunciato di voler usare «tutti gli strumenti a sua disposizione per proteggere i diritti e la libertà alla riproduzione». Si è fatto sentire anche l’ex presidente Barack Obama, ovviamente favorevole al diritto d’aborto. «La Corte Suprema non solo ha annullato quasi 50 anni di precedenti, ma ha relegato la decisione più intensamente personale che qualcuno può prendere ai capricci di politici e ideologi: (sono state) attaccate le libertà fondamentali di milioni di americani». Così ha twittato l’ex inquilino della Casa Bianca. A spalleggiarlo anche l’ex first lady, Michelle Obama, che ha commentato così la decisione della Corte: «Ho il cuore spezzato per gli americani che hanno perso il diritto fondamentale di assumere decisioni informate. Avrà delle conseguenze devastanti».
Torni durissimi anche da altri esponenti dem. Per la Speaker democratica Nancy Pelosi si tratta di una decisione «crudele» e «scandalosa». Mentre Hillary Clinton la definisce «un’infamia» e «un passo indietro per i diritti delle donne e i diritti umani». «Molti americani ritengono che la decisione di avere un figlio sia sacra e dovrebbe rimanere fra la donna e il suo medico», affonda l’ex candidata alla Casa Bianca.
Il plauso da parte repubblicana
Di tutt’altro segno i commenti da parte repubblicana. A cominciare dall’ex vicepresidente Mike Pence. Il vecchio vice di Trump plaude alla sentenza della Corte. Per Pence «la vita ha vinto». L’ex numero due di Trump ha incitato tutti a battersi per «la difesa del nascituro e il sostegno alle donne incinte in crisi». «Avendo avuto questa seconda possibilità per la vita, non dobbiamo riposare e non dobbiamo cedere finché la santità della vita non sarà ripristinata al centro della legge americana in ogni Stato del Paese». Anche Donald Trump ha voluto dire la sua sulla sentenza. L’ex presidente Usa ha lodato la Corte Suprema per una decisione che «segue la Costituzione e restituisce i diritti».
Commento positivo anche dalla Santa Sede. Per il Vaticano, che loda la Corte Suprema, la sentenza Usa sull’aborto «sfida il mondo intero» sul tema della vita umana. Nettamente contro invece l’Onu che parla di «un colpo terribile ai diritti umani delle donne». «È una grave battuta d’arresto dopo cinque decenni di protezione della salute sessuale e riproduttiva e dei diritti negli Stati Uniti attraverso Roe vs Wade». Così l’Alto commissario Onu per i diritti umani Michelle Bachelet.
Le mosse degli Stati federali
Dopo la sentenza della Corte, il Missouri ha deciso di vietare l’aborto, salvo che per emergenze sanitarie. Firmata dal governatore repubblicano, Mike Parson, la legge che proibisce l’aborto. «Nulla nel testo, nella storia o nella tradizione della Costituzione degli Stati Uniti ha dato ai giudici federali non eletti l’autorità di regolare l’aborto», ha spiegato il governatore Parson.
Anche il Texas ha annunciato che da ora in avanti l’aborto sarà illegale nello Stato della stella solitaria. Con effetto immediato. Le strutture che praticano aborti, ha fatto sapere il procuratore generale del Texas, Ken Paxton, saranno considerate «responsabili penalmente a partire da oggi».
Di tutt’altro avviso, invece, i governatori di California, Oregon e Washington. Che si sono impegnati, con una dichiarazione congiunta, a continuare a garantire aborto e contraccezione a pazienti e medici che non potranno accedervi a causa del bando all’aborto deciso da altri Stati. Anche Kathy Hochul, governatore dello Stato di New York, ha detto che l’aborto rimarrà garantito. «È un fondamentale diritto umano e resta sicuro, accessibile e legale a New York», ha dichiarato. Come lei la pensa anche il primo cittadino di New York, Eric Adams. «A coloro che vogliono un aborto nel Paese, sappiate che qui siete le benvenute. Faremo ogni sforzo per assicurare che i servivi riproduttivi restino disponibili e accessibili per voi».