Potrà lasciare il carcere per andare a fare volontariato l’ergastolano che nel 1985 uccise a sangue freddo una ragazzina di 17 anni.
La rabbia del fratello della vittima: «L’hanno uccisa una seconda volta».
Ha ottenuto la semilibertà e potrà lasciare il carcere per fare volontariato Giovanni Sutera. È uno degli assassini di Graziella Campagna, uccisa a 17 anni per aver riconosciuto un boss latitante. Una vicenda resa nota al grande pubblico dalla fiction interpretata, tra gli altri, da Beppe Fiorello.
Venne ammazzata nel 1985. Graziella lavorava in una lavanderia. Ogni giorno partiva da Saponara, in provincia di Messina, per recarsi nella vicina Villafranca Tirrena. Un giorno trovo un’agendina nella giacca di un cliente. Così capi che quello che si spacciava per l’ingegnere Toni Cannata era in realtà Gerlando Alberti junior, boss latitante che si nascondeva a pochi passi dalla caserma dei carabinieri. Una scoperta che le costò la vita. I mafiosi la uccisero la sera del 12 dicembre 1985, freddandola con cinque colpi di lupara sparati a bruciapelo. Nel 1989 Sutera e Alberti furono prosciolti. A far riaprire il caso furono le indagini private del fratello Pietro, carabiniere, e le inchieste di Chi l’ha visto?. Così nel 2004 i due malavitosi furono condannati all’ergastolo, salvo tornare in libertà grazie all’indulto e a un ritardo nel deposito della sentenza.
«Abbiamo dovuto affrontare il processo d’appello con quei due a piede libero in aula», racconta al ‘Corriere della Sera’ Pietro Campagna. Soltanto nel 2008 arrivò la detenzione per loro. Ma tredici anni fa, per ragioni di salute, a Gerlando Alberti jr, l’altro esecutore materiale dell’omicidio, vennero concessi i domiciliari. Salvo poi scoprire che invece le sue condizioni avrebbero tranquillamente permesso la permanenza in carcere. E adesso arriva la semilibertà per Sutera che, conti alla mano, non ha scontato più di dieci anni per l’assassino della diciassettenne.
La rabbia del fratello di Graziella Campagna
Il fratello di Graziella non solo non nasconde l’amarezza, ma manifesta tutta la sua rabbia incontenibile. «L’hanno uccisa una seconda volta — dice al Corriere — se Sutera è uno degli esecutori materiali del delitto, lo Stato è l’esecutore morale. Ho stracciato la tessera elettorale e mi vergogno di essere italiano… vorrei che fosse solo un sogno».
I due, ricorda Pietro, carabiniere per 37 anni, «non hanno mai collaborato, non fanno i nomi degli insospettabili che li coprivano. E ora vengono pure premiati». «Questa è una storia amara — spiega il fratello —, nel 2008, quando si preparava la fiction con Fiorello, il presidente della Corte d’Appello scrisse al ministro della Giustizia per bloccarla, perché poteva turbare la serenità dei magistrati. E il ministro scrisse alla Rai che la bloccò. Ma è normale tutto ciò?».
Riaperta una ferita che non si è mai richiusa
Le manifestazioni di solidarietà, come la telefonata di Beppe Fiorello, non bastano a lenire il dolore. Sanguina ancora la ferita di quella morte, racconta Pietro: «Come se fosse successo ieri. Quegli ergastoli ci mantenevano calmi… ma ora lo Stato ci ha dato il colpo di grazia. Ci siamo affidati alla giustizia e siamo stati traditi».
Ancora trema al pensiero di quanto è accaduto alla sorella: «Il suo orologio, che tengo sempre con me, si è fermato alle 22.20 e lei è scomparsa alle 19,45. Per tre ore è stata in balia di questa gente. Io l’ho visto il cadavere. L’hanno fatta mettere in ginocchio e le hanno sparato senza pietà. Non posso dimenticare, come non posso dimenticare le urla strazianti di mia madre. Spesso la notte mi sveglio e le sento ancora».