La frattura tra Mosca e l’Occidente sembra ormai insanabile. Ma l’Europa senza il gas di Putin, rischia un inverno drammatico.
Da Bruxelles, il vertice che si è tenuto tra i leader di Italia, Francia e Germania sembra aver dato nuova linfa all’alleanza occidentale contro Putin. Da non sottovalutare che, come ha fatto notare Giovanni Castellaneta su Formiche.net, ci troviamo di fronte, forse per la prima volta, a una riunione che ha visto configurarsi un’Europa “trimotore”, con l’entrata a sorpresa dell’Italia in questo circolo decisionista.
“Le immagini scattate durante il viaggio notturno in treno in compagnia del presidente francese Emmanuel Macron e del cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno infatti un forte significato politico, segnalando che l’Europa non è più trainata da due soli “motori” – quello francese e quello tedesco – ma che a essi si è ora aggiunto a pieno titolo anche quello italiano. Le conseguenze di questo nuovo assetto sono molteplici e vanno dal livello interno a quello internazionale”
A sorpresa, perché negli ultimi anni il potere contrattuale del nostro paese nell’ambito della politica internazionale si era ridotto ai minimi termini, e non soltanto per quella sudditanza atlantista che ha portato Orsini, non a torto, a paragonare Draghi a Lukashenko. Paragone che regge alla prova dei fatti, semplicemente analizzando la comunicazione del premier italiano e quella del Presidente Usa. Le dichiarazioni di Draghi arrivano sempre dopo quelle di Biden, si pongono sempre in una fin troppo perfetta linea di continuità con quanto stabilito dalla politica estera americana.
Mentre sull’altro versante, che Germania e Francia siano i veri dominus dell’Unione Europea ormai da un ventennio non è certo un mistero, ed è per questo che questa conferenza congiunta potrebbe essere il primo passo affinché il nostro paese riacquisti potere in campo internazionale.
I leader europei ribadiscono il loro pieno sostegno all’Ucraina
Le dichiarazioni dei tre leader europei da Bruxelles, parlano di pieno sostegno all’Ucraina e dell’opportunità di aprire una riflessione sulla sua entrata nell’Ue. Su quest’ultimo punto in realtà, soltanto Mario Draghi si sta spendendo con una certa insistenza, arrivando addirittura, dopo aver forse compreso le ritrosie dei suoi alleati nel vecchio continente, a parlare di una simbolica accettazione della sua candidatura.
Come a dire: non vogliamo davvero che l’Ucraina entri nell’Unione Europea ( e la recente decisione del ministero della cultura di bandire i grandi classici russi dalla nazione esemplifica uno dei motivi), ma piuttosto mandare un segnale a Putin su quanto il vecchio continente sia solidale con la nazione che ha brutalmente invaso a fine febbraio. Zelensky, a quanto riferisce Draghi, non ha fatto richiesta per il momento su nuovi invii di armi e si è piuttosto soffermato sulla possibile adesione all’Ue: “Il nostro ingresso rafforzerrebbe la libertà dell’Europa”. La situazione per l’Italia è sempre più difficile, e la forte dipendenza energetica dalla Russia è un rebus che inizia a presentare il suo conto.
Putin ha dimezzato, come aveva promesso, le forniture di gas al nostro paese.
La notizia è arrivata tramite un comunicato ufficiale dell’Eni: “A fronte di una richiesta giornaliera di gas da parte di Eni pari a circa 63 milioni di metri cubi, Gazprom ha comunicato che fornirà solo il 50% di quanto richiesto”. Non bisogna poi dimenticare il tipo di frattura che sta creando, anche in seno alla stessa Unione Europea, la richiesta di adesione alla Nato da parte di Svezia e Finlandia.
La Russia ha già avvertito l’Occidente: l’eventuale entrata nella Nato di Svezia e Finlandia avrà delle conseguenze
Un annuncio che ha mandato su tutte le furie il Cremlino, che ha prontamente avvertito l’Occidente che sarà una scelta gravida di conseguenze quella di allargare l’alleanza atlantica accogliendo queste due nazioni. L’espansione della Nato non è certo un fenomeno che inizia con questo conflitto, e in fondo si può anche sostenere che proprio le ambizioni militari atlantiste hanno rappresentato uno dei punti che ha convinto Putin della necessità di questa guerra. L’allargamento a ovest era già iniziato subito il crollo dell’Unione Sovietica.
Dopo la guerra fredda infatti e la caduta dell’Urss, la Nato ha accettato le richieste di adesione di ben quattordici nazioni, mentre nei quarant’anni precedenti, questo era accaduto soltanto tre volte. I motivi di questa nuova espansione, come spiega su Ispi Andrea Carati, vanno ricercate in primo luogo nella trasformazione che ha subito la Nato, che all’inizio degli anni novanta subisce una sorta di mutazione che ne rinnova scopi e obiettivi: “L’allargamento post-guerra fredda non è stato né accidentale né marginale ma è stato un vettore deliberato di trasformazione profonda dell’Alleanza, nei suoi scopi e nei suoi compiti.”
Persino Trump, che con la Russia aveva di sicuro propositi geopolitici forse meno bellicosi rispetto all’attuale inquilino della Casa Bianca, non si è permesso in alcun modo di cambiare l’indirizzo militare-strategico e in tal senso, più che essere sotto il diretto controllo statunitense e dunque anche dei suoi presidenti, la Nato è andata configurandosi negli anni come un soggetto politico a parte, che persegue i suoi scopi in modo autonomo persino da quanto stabilisce la Casa Bianca.