Continua lo scontro per la leadership del Movimento fra Conte e Di Maio, con scambi di accuse reciproche e tifoserie schierate.
Intanto in Parlamento si cerca di tessere una rete di protezione per il governo Draghi per arrivare a fine legislatura. Ma anche con uno sguardo proiettato sul dopo 2023.
Si corre contro il tempo al Senato. Fino a tarda notte si è votato in Commissione si è votato sugli emendamenti (col semaforo verde alla lotteria degli scontrini ‘istantanea’) al Dl Pnrr (con scontri per i possibili tagli alla scuola) che entro lunedì deve avere il via libera per il passaggio alla Camera. Dall’inizio della prossima settimana fari puntati però sulla risoluzione sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Draghi in Parlamento in vista del Consiglio europeo.
Il Pd dovrebbe adeguarsi alla linea governativa, senza sollevare temi divisivi. I Cinque stelle insistono invece per un passaggio sulle armi. Il Movimento non ha ancora accantonato l’idea di presentare un proprio testo che eventualmente potrebbe essere appoggiato anche dalla Lega. Ma Giuseppe Conte non appare intenzionato a fare strappi. Ragion per cui si potrebbe trovare un compromesso, a condizione che, riferisce all’AGI un ‘big’ 5s, arrivi un chiaro segnale di una svolta diplomatica e di una descalation bellica.
Ma nei Cinque Stelle persistono le tensioni interne, col secondo affondo lanciato da Luigi Di Maio. Che non vuole “frasi e parole che disallineano l’Italia dalle alleanze storiche”. Il braccio di forza all’interno del Movimento potrebbe creare difficoltà al governo alla vigilia di un nuovo provvedimento contro il caro vita e di una impegnativa legge di bilancio.
Si teme che nei prossimi mesi possa accadere qualcosa, un incidente che metta in forse la tenuta del governo. Motivo per cui dopo le comunali è tornata in auge l’idea di una nascita di un’area trasversale di sostegno a Draghi. Con spinte contrapposte però. Da Renzi che insiste per “dare un tetto”, spalleggiato da centristi come Toti e dal mondo imprenditoriale (Marcegaglia) che paventano i rischi del dopo-Draghi. L’entourage di Di Maio spinge per un nuovo partito ‘governista’ e ‘draghiano’ capace di aggregare pezzi di governo di altri partiti (FI e Lega), sindaci (Sala) e presidenti di Regione in chiave ‘anti-spread’.
Dall’altra parte ci sono Salvini e Berlusconi, che hanno ripetuto a più riprese che il governo di unità nazionale avrà fine con questa esperienza. Sono però in corsoi contatti informali – riferisce sempre l’AGI – per creare una ‘rete di protezione’ al premier Draghi. Una rete sia per portare a termine la legislatura (nel caso in cui M5s p Lega dovessero strappare) sia per il dopo 2023.
Al momento si tratta di una specie di network che lavora dietro le quinte, senza nessuna manovra concreta per la creazione di un altro polo. Ma Di Maio si è già mosso puntando il dito su Conte, accusato di voler ‘radicalizzare’ il M5s, di guardare al passato facendo arretrare il Movimento (mentre il Pd cresce nei consensi). Un tentativo per rilanciare una politica moderata perché anche “strumentalizzare Draghi non è una prova di responsabilità”. È questa la critica mossa da Di Maio ai commenti di Conte sul viaggio del premier a Kiev.
Ma c’è anche la questione personale. A Di Maio non sono piaciuti gli attacchi sul ‘Fatto quotidiano‘, in primis il cenno alla necessità di mandare via chi si discosta dalla linea. “Ho ricevuto – denuncia il ministro degli Esteri – insulti personali, temo che questa forza politica rischi di diventare una forza politica dell’odio”.
Il responsabile della Farnesina è anche rimasto fuori dal confronto sul superamento del doppio mandato. Un ulteriore segnale, dicono le voci, dell’intenzione di staccarsi dal M5s. Beppe Grillo dal canto suo ha dato sponda a Conte, “il dilemma” del vincolo – ha detto – “può essere superato in altri modi, senza per questo privarsi di una regola la cui funzione è di prevenire il rischio di sclerosi del sistema di potere, se non di una sua deriva autoritaria, che è ben maggiore del sacrificio di qualche (vero o sedicente) grande uomo”.
Di Maio è finito nel mirino per i contiani, anche se lui ha invitato i militanti a mantenere i principi fondativi del M5s. Adesso è in corso una guerra di posizionamento (che vede anche la partecipazione, di fatto, anche di Di Battista che nelle prossime ore andrà in Russia). Il timore dei gruppi pentastellati è che arrivi la disgregazione del Movimento. “Ma se l’obiettivo di Di Maio – avverte un esponente di spicco dei Cinque Stelle – è la distruzione del Movimento deve sapere che Conte può far rinascere una cosa nuova in poco tempo grazie alla sua popolarità e al suo consenso, non ci sono alternative a Conte”. Di fatto il vincolo del doppio mandato (anche con la possibilità di deroghe da parte del presidente 5s) delineerebbe un altro Movimento.
Inutile dire che per i fedelissimi di Di Maio è lui invece ad avere un futuro, non certo Conte. Le due fazioni si sono schierate, coi contiani che spingono il loro leader verso la linea dura nei confronti di Di Maio. Quanto alla risoluzione del 21 giugno, la maggioranza è convinta che si possa trovare una formula per accontentare tutti, anche i 5s. Ma le tensioni interne al Movimento appaiono destinate a crescere.
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