C’era una situazione altamente critica a bordo della nave. Lo ha testimoniato lo psicologo di Emergency al processo contro Salvini.
Una situazione potenzialmente esplosiva che poteva essere innescata da varie “micce”. Come la stanchezza, lo stillicidio dei giorni passati a terra sul ponte, i traumi subiti.
Molti dei 147 migranti a bordo della Open Arms, la nave che nell’agosto del 2019 attese giorni prima di poter sbarcare in territorio italiano, presentavano una sintomatologia di “disturbo da stress post traumatico”.
Lo afferma Alessandro Di Benedetto, psicologo di Emergency. È stato il primo teste ascoltato nell’udienza del processo Open Arms a carico di Matteo Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona e rifiuto d’atti d’ufficio. Presente in aula il segretario della Lega.
Una situazione “borderline”
“Erano persone che avevano vissuto esperienze di torture, donne abusate ripetutamente, alcune in stato di gravidanza, gravidanze frutto di abusi”. Lo psicologo ha risposto così alle domande del pubblico ministero Giorgia Righi. “Alcuni avevano reazioni emotive di rabbia incontrollata“, ha aggiunto Di Benedetto.
Sulla Open Arms, dove lo psicologo salì per la prima volta il 13 agosto, c’era una “situazione borderline”. Le persone a bordo, ha spiegato, passavano “da una situazione esplosiva a una di ottundimento. C’erano pazienti che collassavano, che avevano una sintomatologia ansioso-depressiva. La condizione a bordo era di innesco: qualunque evento poteva riattivare una sorta di ritraumatizzazione”, ha concluso lo psicologo di Emergency.