È un Salvini a tutto campo quello intervistato oggi dal Corriere. Il leader leghista ha toccato tanti “temi caldi” dell’agenda politica, dalle comunali al referendum, passando per i rapporti con gli alleati del centrodestra.
E ha anche lanciato un messaggio al governo, evocando la crescente insofferenza del suo partito verso le scelte di un esecutivo, a suo dire, troppo sbilanciato a sinistra.
Quanto alle amministrative, Salvini rivendica i successi della Lega. Ad esempio i 21 sindaci in più conquistati dal Carroccio. Per non parlare delle riconferme. Come Genova, dove il segretario leghista ha fatto la prima tappa post elettorale per festeggiare la vittoria di Marco Bucci, malgrado i voti dimezzati. Una vittoria, dice Salvini, «figlia anche del Decreto Genova, provvedimento fortemente voluto dalla Lega e osteggiato dalla sinistra» che ha permesso di ricostruire a tempo record il ponte Morandi.
Certo non sono mancate le battute d’arresto, coi sindaci persi a Lodi e le difficoltà incontrate a Alessandria, Parma e soprattutto a Verona. Nella città scaligera la Lega dovrà venire a patti con Flavio Tosi, cacciato dal partito nel 2015. A Salvini però non «sembra saggio rinunciare a una possibile alleanza: Verona non merita di finire alla sinistra».
Anche sul “sorpasso” di FdI l’ex ministro dell’Interno ha un giudizio chiaro: il partito di Giorgia Meloni ha tratto beneficio dall’essere all’opposizione. Mentre «noi abbiamo preferito responsabilmente farci carico dei problemi degli italiani. Un esempio: se noi fossimo stati all’opposizione ci sarebbe stata una stangata sulla casa degli italiani, sarebbe aumentata la pressione fiscale, sarebbero passati lo ius soli e il ddl Zan. Ci siamo sacrificati per buone cause».
I malumori leghisti per l’operato del governo
Ciò detto, la Lega non appare soddisfatta dell’operato del governo, che per Salvini «deve fare di più altrimenti delude i ceti produttivi che un tempo apparivano entusiasti di Draghi». Col risultato, sottolinea Salvini, «che i nostri elettori preferiscono stare a casa». Anche in casa leghista serpeggia il malcontento: «Sindaci e militanti mi segnalano una crescente insofferenza verso un governo che appare sbilanciato a sinistra su troppi temi. Su pace fiscale, pensioni, immigrazione, giustizia. Serve un cambio di passo».
FdI fa pressione su Lega e FI affinché tolgano la spina al governo. Salvini ribadisce di averlo appoggiato per «non lasciare il paese nelle mani di Pd e 5 Stelle che lo stavano sfasciando». Ma adesso, aggiunge, le cose sono cambiate e «tutti quei dirigenti e militanti (compresi Zaia e Fedriga) che credevano in Draghi e in questo governo, col perseverare degli errori di Speranza e Lamorgese, di Bianchi e Giovannini, mi chiedono di rifletterci bene… Draghi deve sapere che ci sono temi su cui non siamo disposti a transigere».
Salvini evoca anche i «mugugni» nel Consiglio federale di lunedì, «tutti nei confronti del governo». Dalle proteste di Giancarlo Giorgetti sul tema delle auto elettriche («che sarà un massacro per l’industria italiana») a quelle dei governatori per la burocrazia che impedisce di investire i fondi del Pnrr. Senza parlare degli ostacoli incontrati dall’Autonomia e le proteste generalizzate sul reddito di cittadinanza.
Le risposte che la Lega si attende dal governo
La Lega si è data anche un tempo per avere le risposte da Draghi: «Torneremo sul pratone di Pontida il 18 settembre. Per quella data vogliamo risposte». Al governo Salvini, che dice di temere «un autunno molto difficile», chiede diverse cose. In primo luogo la pace fiscale per i «tanti cittadini perbene che non sono riusciti a pagare le tasse per colpa della crisi». C’è poi lo scoglio della riforma Fornero da «superare definitivamente» magari «trovando l’accordo su quota 41 entro la fine dell’anno».
Ma c’è anche un antico cavallo di battaglia del Carroccio: l’immigrazione. Con Salvini che chiede a Draghi di «sigillare i confini visto che dall’inizio dell’anno si contano già 22mila arrivi». Infine ci sono le richieste sul caro vita («difendere il potere d’acquisto di salari e pensioni»), sull’ordine pubblico nella grandi città. Per il leader leghista andrebbero anche confermati i tagli delle accise e i fondi contro il caro energia.
La guerra in Ucraina e le auto elettriche
Qui Salvini ribadisce la sua posizione. Chiedere il «cessate il fuoco e lo stop alla guerra, in primis alla Russia ovviamente». Dalla Lega arriva anche un allarma sullo stop di Bruxelles alle auto a benzina e diesel dal 2035, che per il leader del Carroccio rappresenta, oltre che un danno all’ambiente e all’economica, «un folle regalo alla Cina, confezionato dal Pd e dal suo segretario che evidentemente sono molto generosi con Pechino».
Il flop del referendum sulla giustizia
Sul referendum della giustizia Salvini rivendica una scelta votata comunque da «più di 10 milioni di italiani, con la Lega da sola a girare l’Italia parlando di “Giustizia Giusta”». Adesso la Lega, annuncia, tornerà a lavorare in Parlamento «perché la riforma è una necessità». Sulla riforma della giustizia – malgrado le accuse di Letta – il Carroccio invece non darà battaglia, afferma Salvini. La Lega voterà alcuni emendamenti ma senza mettere a rischio la riforma Cartabia.