Il fatto è avvenuto a Bolzano e in quel periodo adottarono dei provvedimenti. Il processo prosegue, la psichiatra di parte civile spiega che «è perfettamente capace di intendere e di volere»
Quasi un anno fa, nel mese di luglio 2021, Benno Neumair tentò di soffocare un suo compagno di cella, straniero, in prigione a Bolzano, dopo una lite per futili ragioni.
Le guardie del carcere sopraggiunsero e la vicenda si sedò senza conseguenze per il detenuto assalito da Benno. Verso Benno, l’amministrazione del penitenziario adottò dei provvedimenti disciplinari (tipo limitare le ore d’aria), contro cui i legali del trentenne avrebbero fatto ricorso.
Nelle prossime udienze del processo contro Neumair, accusato del delitto e di aver occultato i cadaveri dei suoi genitori, Peter Neumair e Laura Perselli, potrebbe essere ripercorso l’accaduto in aula. La terribile aggressione, che ha grosse similitudini con l’omicidio dei genitori da parte del trentenne, potrebbe essere usata dalla difesa per dimostrare che il giovane sarebbe affetto da un presunto disturbo mentale che non gli consentirebbe di controllarsi al punto da avere reazioni gravi, in situazioni di forti liti, come quella di provare a strangolare chi lo contraddice.
Proprio come accadde il 4 gennaio 2021 quando, dopo una lite con suo padre Peter, lo soffocò con un cordino. Il fatto che i due abbiano avuto una lite, tuttavia non ha avuto riscontri oggettivi, ma solo la testimonianza dell’imputato. Al fatto che si sia trattato di un omicidio d’impeto non credono né Procura né legali di parte civile, secondo cui invece vi fu premeditazione.
Secondo la psichiatra di parte civile Anna Pelleschi, Benno non avrebbe avuto bisogno di nessun presunto litigio per assassinare il padre.
La perizia della consulente di parte civile non combaca con quella dei tre periti incaricati dal gip. A detta di questi ultimi, Benno non sarebbe stato capace di intendere e volere durante il primo delitto, quello del padre, poiché la lite avrebbe scatenato la violenza del giovane. Per Palleschi, invece, il trentenne non avrebbe ucciso a causa di un non controllo degli impulsi, ma per lui l’omicidio corrisponderebbe a «un’azione di ritorsione, un tentativo disperato di prendere il controllo e proteggere la propria autostima».
Ergo, Benno era cosciente di quanto stesse compiendo, a detta della psichiatra: «Benno ha un disturbo narcisistico di personalità ma che non incide sulla sua capacità di intendere e di volere. Lui era lucido quando uccise i genitori. Per molti sarebbe rassicurante pensare che chiunque commetta delitti efferati soffra sempre di disturbi mentali, ma non è così: può uccidere anche chi non ha delle patologie, come in questo caso. Anche nei test psichiatrici cui era stato sottoposto nella perizia, Benno dimostrò di controllare adeguatamente i propri impulsi».
La consulente a proposito della questione se Benno possa essere socialmente pericoloso, ha replicato che «se non c’è un disturbo non c’è nemmeno pericolosità. Se questi due omicidi fossero l’espressione di un disturbo psichiatrico, ma così non è stato, allora Benno sarebbe pericoloso anche adesso, in primis per sua sorella».
La donna ha detto di essere convinto che il giovane non abbia rimorsi:«Preoccuparsi delle conseguenze per gli altri delle sue azioni non fa parte del suo modo di stare al mondo. Lui pensa solo alle conseguenze per se stesso, come si è notato anche durante la perizia quando dimostrava molta preoccupazione per il proprio futuro in carcere ma non per la morte dei genitori. È poi capace di simulare emozioni, pur di raggiungere uno scopo: in una circostanza riferì la falsa notizia del suicidio di una sua fidanzata, mostrandosi molto triste, ma era tutto falso e serviva solo ad ottenere un permesso dal lavoro».
Proprio ieri, Laura Perselli, mamma di Benno da lui uccisa, avrebbe raggiunto il traguardo dei 70 anni. La figlia Madé rivela di averla pensata tutta la notte, ha detto commossa.
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