Per il Pg della Cassazione Cosa Nostra nella stagione delle stragi ha portato avanti una strategia unitaria.
I mafiosi avrebbero seguito un progetto ben preciso per impaurire e dettare le loro condizioni.
“C’era un disegno unitario nelle stragi, un filo rosso, da Capaci a via D’Amelio, fino alle stragi nel ‘Continente’, di Firenze e Milano nel ‘93”. A dirlo è stato il sostituto procuratore generale di Cassazione Delia Cardia durante la sua requisitoria al processo Capaci-bis in svolgimento oggi di fronte ai giudici della seconda sezione penale di piazza Cavour. I quali dovranno confermare o meno la sentenza emessa nel luglio 2020 dalla Corte d’assise d’appello di Caltanissetta. Ovvero la sentenza di condanna all’ergastolo per Salvatore Madonia, Giorgio Pizzo, Cosimo Lo Nigro e Lorenzo Tinnirello. Assolto invece Vittorio Tutino. Per lui il procuratore generale ha chiesto un nuovo processo di Appello.
Il piano di Cosa Nostra
Per l’accusa gli imputati avrebbero avuto una parte decisiva sia per la parte organizzativa dell’attentato che in quella del reperimento dell’esplosivo utilizzato per compiere la strage di Capaci. Nella quale il 23 maggio 1992 persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta.
Per il Pg di Cassazione c’era un disegno con un obiettivo ben preciso: lo “scopo del piano stragista di Cosa Nostra era instillare timore per poi dettare le condizioni. Il progetto, fatto di omicidi eccellenti, con una connotazione terroristica, era di fare la guerra allo Stato per arrivare poi a una pace”.