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Politica

Referendum, urne deserte. Parla il costituzionalista: “Affluenza ai minimi storici, segnale di disaffezione”

Mai così pochi votanti alle urne come per il referendum sulla giustizia di domenica. Indice di disaffezione verso questo strumento.

Il costituzionalista dell’Università “Roma Tre” fa chiarezza sulle cause che portano a disertare le urne con sempre maggior frequenza.

Affluenza ai minimi storici per l’ultimo referendum sulla giustizia. Secondo i dati del Ministero dell’Interno ha votato il 20% degli aventi diritto. Meno del 23% del 2009, il precedente record negativo della storia italiana. Un risultato ben distante anche dal 31% dell’ultimo referendum del 2016.

“Questa percentuale è ben al di sotto della soglia fissata dall’art.75 della Costituzione per l’approvazione dei quesiti referendari ed è indice di una disaffezione dell’elettorato rispetto all’utilizzo dello strumento referendario in relazione a questioni particolarmente tecniche come oggi la regolamentazione della giustizia”. È il commento di Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Roma Tre”.

Il costituzionalista: snaturato lo strumento del referendum

Alfonso Celotto, docente di Diritto costituzionale alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università “Roma Tre” – Meteoweek

Il professore ricorda che “in Italia, il referendum abrogativo è il principale strumento di democrazia diretta previsto dalla Costituzione”. Uno strumento che però col tempo ha cambiato praticamente natura, spiega l’esperto. “Gradualmente, tuttavia, ha assunto sempre di più un ruolo suppletivo finendo per svolgere una funzione di sollecitazione di fronte all’inerzia legislativa del Parlamento. In tal senso, l’affluenza registrata oggi è un dato che appare in linea con l’alto livello di astensionismo presente nel nostro Paese, pari almeno al 30%”.

Da qui l’urgenza, come già sottolineato da Mattarella nel suo discorso di insediamento, di una profonda riforma che “deve interessare sia il referendum nella sua essenza, sia il versante della giustizia, al fine di sanare le maggiori criticità attualmente esistenti”. Un monito, conclude Celotto, che “chiama in causa le singole forze politiche in vista dell’imminente voto finale al Senato sulla riforma Cartabia previsto per mercoledì 15 giugno”,

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