La questione dei “liberi sospesi”: sono oltre 40 mila i condannati che restano liberi, in attesa di pena alternativa. Il caso di Daniele Bedini.
E c’è ancora fin troppa poca consapevolezza di quella “zona grigia”, composta da una fetta che fa 40 mila, fino anche 80 mila, “liberi sospesi”. Una zona in cui la fase di concessione delle misure alternative alla detenzione (per pene non eccessivamente elevate e non riguardanti condanne per reati ostativi) fa sì che gli indagati non scontino né il carcere né la pena alternativa. Rimanendo appunto “liberi”, e “sospesi” perché in attesa di verdetto.
A questa “zona grigia” appartiene, ad esempio, il caso di Daniele Bedini, di recente fermato per l’omicidio di Nevila Pjetri e Carlo Bertolotti, ma rimasto libero nonostante la condanna definitiva (eseguita tre mesi fa) a 3 anni, per rapina aggravata.
Ed è polemica, infatti, sul caso del mancato arresto di Bedini, dopo che era diventata definitiva la sua condanna a tre anni di reclusione per rapina aggravata. L’uomo è stato di recente fermato poiché ritenuto indiziato nei casi di omicidio relativi alla 35enne Nevila Pjetri e al 43enne Carlo Bertolotti (conosciuto anche come Camilla). Sul suo eventuale coinvolgimento o meno nei due delitti, stanno ora lavorando inquirenti e forze dell’ordine. Il punto, però, non cambia: il 32enne avrebbe dovuto essere in cella per altri reati – o quanto meno avrebbe dovuto scontare la pena alternativa al carcere – i giorni in cui sia la donna che la trans sono state barbaramente uccise.
Ora la ministra della Giustizia Marta Cartabia ha chiesto ai suoi ispettori di avviare approfondimenti a fronte delle notizie di stampa. Come spiegato da Il Corriere, però, qualcosa in certo senso pare comunque si stia muovendo. Sebbene infatti a causa dei vincoli europei i finanziamenti del Pnnr andranno a beneficio soltanto degli uffici di cognizione (Tribunali e Corti di Appello), una parte della legge delega Cartabia trasformerà alcune “misure alternative” (ad ora competenza del Tribunale di Sorveglianza dopo i tre gradi di giudizio) in quelle che sono definite “sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi”, e dunque irrogabili già dal giudice della cognizione al momento della sentenza di merito. In poche parole, una pena detentiva entro i 4 anni di carcere potrà essere sostituita dal giudice con la semilibertà o con la detenzione domiciliare, mentre quella sotto i 3 anni anche con il lavoro di pubblica utilità. Per le pene al di sotto di un anno, invece, il giudice potrà sostituirle subito con la pena pecuniaria.
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