Il ministro leghista non nasconde la sua delusione sul voto europeo che ha messo al bando le auto a benzina e metano.
C’è il rischio di fare un grosso favore alla Cina, leader nel campo delle terre rare, indispensabili nella costruzione delle batterie. Ma soprattutto si rischia di danneggiare l’industria italiana.
Niente più auto a benzina e metano entro il 2035. Ieri è arrivato lo stop di Bruxelles. Una decisione storica ma non priva di incognite, come prova il commento del ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti. “Il voto europeo sull’auto elettrica? Una grande delusione, una scelta ideologica. Perché il destino dell’auto non è solo elettrico, a meno che non si voglia fare un regalo alla Cina che su questo fronte è davanti a tutti”. Così Giorgetti, in un’intervista al Messaggero sul voto del Parlamento europeo.
“Il voto è una delusione – dichiara Giorgetti – e non lo nascondo anche se l’esito era abbastanza scontato”. Il ministro confessa di aver “sperato fino all’ultimo che prevalesse, in certi deputati di area di centrosinistra, la preoccupazione per le ricadute negative sull’occupazione”.
Ma così non è stato, chiosa sconsolato Giorgetti: “Purtroppo, l’inversione di tendenza che avevo auspicato non c’è stata. È mancata la consapevolezza del momento che stiamo vivendo”. È prevalsa una linea più radicale che ha voluto premere sull’acceleratore ‘green’. E così, spiega il ministro dello Sviluppo, “di fronte alla sacrosanta e legittima ricerca di un mondo ambientalmente compatibile non sono state prese in considerazione le richieste per percorsi più lenti che ci consentissero di affrontare meglio questo delicato passaggio verso il green che la guerra in Ucraina sta inasprendo ancora di più'”.
Giorgietti tiene a ribadire la sua adesione alla “neutralità tecnologica”. Ma aggiunge di essere anche convinto che “la giusta visione della decarbonizzazione vada calata nella nostra realtà. La transizione ambientale deve tener conto anche delle ricadute sociali ed economiche su tutte le filiere altrimenti il futuro è l’eutanasia della nostra industria”.
Sono molte le voci del mondo dell’imprenditoria e del lavoro a manifestare preoccupazioni. “Non si può restare sordi di fronte alle voci di imprenditori e lavoratori e alle loro legittime preoccupazioni. Non facciamole diventare grida di disperazione. L’impostazione europea vuole imporre ritmi e ideologie che impattano negativamente su alcuni paesi come l’Italia, la Germania e la Francia. Dobbiamo pensare a strumenti che possano fare da contraccolpo a questo ennesimo shock che penalizza la nostra industria ed economia”, conclude il ministro leghista.
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