Critiche a Luciana Littizzetto per il monologo dove ha detto che i quesiti referendari sulla giustizia sono troppo complicati per essere sottoposti ai cittadini.
Ma in altre occasioni – come nel caso della legge 40 – la competenza del cittadino su temi complicati, quasi specialistici, sembrava meno importante di altri valori (come la partecipazione) tradizionalmente invocati a sinistra.
È polemica dopo il monologo televisivo di Luciana Littizzetto a «Che Tempo che fa». Dove la comica torinese ha detto la sua sui referendum del 12 giugno. Troppo complicati tutti quei quesiti sulla giustizia, a suo dire, per dei semplici cittadini. Roba da costituzionalisti.
«Votare è bellissimo», è la premessa della Littizzetto. Che però aggiunge: «Però vi dico la verità. Il 12 giugno pensavo di andare al mare, invece ci chiedete di pronunciarci sul referendum. Non uno, ma cinque. A questo giro mi viene chiesto un parere su qualcosa che non so tanto bene. So a spanne, a grandi linee. Per chi ci avete preso, per 60 milioni di Giuliani Amati? Siamo forse dei Perry Mason? Pensate che la mattina sul water leggiamo il manuale di diritto costituzionale?».
Non ha tutti i torti Tommaso Labate che sul Corriere della Sera fa notare che così facendo si assesta, da sinistra, una vigorosa spallata al muro dei valori di sinistra. Costruiti attorno all’idea, ben sintetizzata da Giorgio Gaber, secondo cui la «libertà è partecipazione». Per non parlare del legame tra partecipazione e democrazia al centro del pensiero di un Alexis de Tocqueville.
Il precedente della legge 40
Tanto più che al tempo dei referendum sulla legge 40 sulla fecondazione assistita – che riguardava questioni altrettanto complicate e delicate come quelle su bioetica, fine e inizio vita, scienza e ricerca, ecc. – la stessa Littizzetto sembrava pensarla diversamente. Fu allora, ricorda Labate, che l’attrice torinese prese parte a una manifestazione dei Radicali a supporto dei referendum abrogativi della legge 40. E disse: «Sono contenta di essere qua. Ho telefonato a Sergio Rovasio (un radicale di Torino, ndr) per dirgli “spiegami bene questa legge, questo volantino, fammi capire bene perché voglio andare a firmare”. (…) Perché a volte le cose ci passano sulla testa, non abbiamo voglia e non abbiamo tempo, abbiamo mille cose da fare e invece dobbiamo essere un po’ più attenti a quello che ci succede attorno».
Ad ogni modo Littizzetto ha concluso il suo monologo spiegando che «comunque io a votare ci andrò, perché è un mio diritto e molti anni fa in tanti ci hanno rimesso la vita perché lo potessi esercitare».