Al processo per gli abusi, il legale della ragazza che oggi ha 20 anni ma all’epoca dei fatti ne aveva 18, ha spiegato:«Ha problemi fisici e psicologici»
Nel corso del processo contro Alberto Genovese, imprenditore accusato di aver stuprato una ragazza nell’ottobre 2020, l’avvocato della giovane ha spiegato che in seguito a quanto occorso è rimasta «invalida permanente al 40%. Ha problemi fisici e psicologici e non può più fare la modella, il lavoro che faceva».
La ragazza aveva 18 anni (oggi ha 20 anni) quando ha subìto violenza sessuale il 10 ottobre 2020 a Terrazza Sentimento, l’attico luxury di Alberto Genovese sito in pieno centro a Milano (e che ora l’imprenditore ha messo in vendita). La studentessa era scappata seminuda, piangendo, dopo essere stata tramortita da un cocktail di stupefacenti (cocaina e ketamina) ed essere stata violentata per ore. «Sono distrutta, sto patendo le pene dell’inferno, credevo di morire», aveva detto al Corriere della Sera dopo la denuncia in procura. Gli stupefacenti con cui era stata stordita l’avevano resa incosciente al pari di «una bambola di pezza» in mano a colui che l’ha stuprata.
Ancora oggi la ragazza rammenta quanto accaduto prima e dopo e poi pochi flash che fanno male, che tuttavia le videocamere di sicurezza poste nell’attico hanno registrato nei particolari più cruenti. Al processo con rito abbreviato, il legale della ragazza, Luigi Liguori, ora deve mettere in evidenza i danni che la vittima ha subìto, calcolati per una somma che si aggira attorno a 1,5 milioni di euro.
Nell’ultima udienza, Genovese aveva proposto un risarcimento alla ragazza in questione di 130 mila euro e di 25 mila euro a una seconda ragazza di 23 anni che lo ha denunciato per violenze subite a villa Lolita a Ibiza, somme rigettate dalle parti civili. Il 27 giugno di fronte al gup Chiara Valori sarà ascoltata una psicologa come consulente della difesa, poi avrà luogo l’interrogatorio richiesto da Genovese e dalla sua ex compagna (imputata in concorso per la questione degli abusi a Ibiza).
Il 7 luglio, prenderanno la parola i pm e i legali di parte civile. Il 18 luglio parleranno gli avvocati della difesa, Luigi Isolabella e Davide Ferrari. Poi la sentenza dovrebbe giungere il 19 settembre. L’avvocato Liguori spiega che su questo caso c’è stata un’attività di inchiesta completa e ora la sua assistita è in attesa del risultato del processo.
In seguito agli abusi, spiega ancora il legale, la vittima si è trovata costretta a rifiutare «lavori, contratti che non poteva più svolgere date le sue condizioni».
Secondo la consulenza medica che la difesa di Genovese ha depositato, a cura dei prof. Pietrini e Sartori, l’imprenditore a causa di una intossicazione cronica da droghe e un deficit psicologico, con disturbo narcisistico, avrebbe avuto capacità ridotte di intendere e volere nel momento in cui si sono verificati i suddetti fatti. Nello specifico, nella consulenza si legge che la capacità di intendere e volere di Genovese era «al momento dei fatti, quantomeno grandemente scemata. L’alterazione cognitiva dovuta all’abuso» di stupefacenti non gli avrebbe permesso di «discernere» il consenso iniziale che la ragazza aveva dato all’uomo «nel voler avere rapporti sessuali in quelle condizioni e assumere ketamina e il successivo venir meno del consenso», ergo non sarebbe stato in grado di «comprendere quando fosse il momento opportuno di fermarsi».
Nella consulenza gli esperti scrivono che l’imprenditore, per via della suddetta intossicazione cronaca da droga, era in uno stato della mente «patologico con importanti compromissioni cognitive».
La situazione clinica di Genovese, sempre secondo il rapporto degli esperti, «all’epoca dei fatti era caratterizzata da un disturbo cronico» per abuso di stupefacenti e dipendenza da alcolici, con «disturbo psicotico secondario all’uso di sostanze».
Tutto questo avrebbe condotto l’uomo a uno «scompenso dell’equilibrio psichico». Le conseguenze si sarebbero viste anche a livello lavorativo per l’imprenditore, poiché «di fatto, dopo il 2016», tale attività lavorativa «si è ridotta fino a sostanzialmente azzerarsi». I due professori affermano anche che l’ingente abuso di stupefacenti gli avrebbe provocato «l’insorgenza di una atrofia cerebrale» nonché uno «scadimento cognitivo» (al punto che i suoi livelli di cognizione, precedentemente superiori «alla media», attualmente sono in un «range di normalità»).
Sempre secondo tale relazione, Genovese, che da mesi frequenta una comunità di recupero (è agli arresti domiciliari) in cui sta provvedendo alla disintossicazione, «risulta essere una persona prudente e priva di pericolosità sociale». E anzi, vorrebbe riscattarsi socialmente, impiegando tempo al «placement lavorativo dei pazienti ex-tossicodipendenti».
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