Finisce davanti al giudice una vicenda iniziata anni fa, culminata nel 2019 col rapimento della figlia di 7 anni da parte della mamma.
Ha sottratto la piccola al padre promettendogli che sarebbe rientrata presto da una vacanza. Ma non era vero.
Aveva sottratto la figlia di sette anni al padre, costringendola poi a vivere con lei in Polonia. Così la trentatreenne Eliza Rzun è finita a processo davanti al giudice monocratico di Roma. È accusata di sottrazione e trattenimento di minore all’estero. Il padre si è costituito parte civile nel procedimento. L’uomo ha già ottenuto l’affidamento temporaneo esclusivo della bambina.
Tutto parte da una vicenda che risale al 2017. È allora che la famiglia si trasferisce in Polonia. Vanno a vivere nel villaggio di Ulejno, vicino a Sroda Wielkopolska, a circa 34 chilometri di distanza dalla città di Poznam. Un periodo, quello trascorso a Ulejno, che “si rivelava negativo per via della presenza all’interno dell’insediamento di diversi soggetti dediti all’alcolismo – così afferma l’atto di costituzione di parte civile -, che vagavano per i campi, riducendosi occasionalmente anche a giacere a terra. Il vicinato, inoltre, di bassa estrazione culturale, era in alcuni casi gravato da precedenti di polizia ed il contesto sociale, infine, promuoveva un indirizzo pedagogico carente: ad esempio, i bambini erano lasciati da soli nei campi“.
I biglietti aerei per convincere il padre a lasciar partire la figlia
Morale: i genitori decidono di ritornare in Italia, per vivere a Roma. Ma la donna, verso la fine del 2019, pensa di ritornare in Polonia per una breve vacanza. Portando con sé la bambina, che in quel periodo soffre di tonsillite cronica. Per convincere il padre, restio a lasciar partire la figlia, la donna gli mostra le copie di biglietti aerei di andata e ritorno. Con la promessa di fare presto rientro in Italia.
Ma il ritorno non avverrà prima di due anni e mezzo, il 27 settembre 2021, “alla luce di quattro tentativi di esecuzione coattiva dell’ordine di rimpatrio della Corte di Appello di Poznam, irrevocabile dal 24 aprile 2020 ed emesso ai sensi della convenzione dell’Aja”, si afferma nel documento depositato dal padre al giudice monocratico.