Una ondata di indignazione agita il web dopo le denunce degli ex collaboratori domestici di Vacchi, tra cui una ex colf filippina obbligata a prendere parte ai balletti su Tiktok.
Sono in tanti a chiedere di fermare «Mucho Mas», la docuserie sulla vita dell’imprenditore-influencer bolognese.
Finisce nella bufera – almeno su Amazon Prime – Gianluca Vacchi. Monta sui social una campagna per chiedere ad Amazon di sospendere la docuserie dedicata all’influencer bolognese da cinquanta milioni di follower. Una protesta partita, ovviamente, dopo le denunce di tre ex collaboratori domestici di Vacchi.
Sui social spopolano infatti l’hashtag #VacchiOut e le promesse di boicottaggio. La “minaccia” è quella di disdire l’abbonamento. La causa? Si chiama «Mucho Mas»: è la docuserie sulla vita di Vacchi, programmata per il 25 maggio in più di 240 paesi. La pagina di Prime è tempestata da commenti contro gli «sfruttatori», «non abbiamo bisogno di chi considera i suoi dipendenti schiavi». E poi l’ultimatum: «via Vacchi o via l’abbonamento».
Un’ondata di indignazione scatenata dalle denunce di alcuni ex collaboratori domestici dell’influencer-imprenditore. Che hanno citato il loro vecchio datore di lavoro accusandolo di averli sfruttati, sottoponendoli a turni di lavoro massacranti, senza ferie e riposo. In più gli insulti e le vessazioni. C’erano poi i balletti, fondamentali per l’immagine social di Vacchi. Anche loro finiti nella denuncia. In particolare da parte della ex colf filippina, la 44enne Laluna Maricris Bantugon, che ha parlato dei maltrattamenti subiti quando non riusciva a stare a tempo nei balletti postati sui social.
Ma bastava anche meno, hanno denunciato altri ex collaboratori, per scatenare la furia del re dei social. Come dimenticare gli occhiali o le punture di testosterone. Per non parlare degli oggetti lanciati, delle bestemmie o delle multe da cento euro per gli occhiali messi nel posto sbagliato.
A onor del vero, c’è anche chi sostiene il contrario: cioè che a casa Vacchi non si stia così male, in fin dei conti. In un video altri dipendenti dell’ampio personale di servizio dicono che Vacchi è anche generoso. «La nostra vita non trascorre tra una frustrata, un insulto e una tazzina tirata. A noi nessuno ci obbliga a fare TikTok, a metterci un grembiule: lavoriamo per una bellissima famiglia. E il Dottore, quando alza la voce, ha l’umiltà di chiedere scusa». A dirlo, in un filmato, altri otto collaboratori. Tra loro, in prima fila, c’è Laura Siazzu, 40 anni, che si occupa della lavanderia di Casa Vacchi (da 2.200 metri quadrati) a Bologna, con campo di padel e discoteca.
«Ci abbiamo messo la faccia all’insaputa del dottore, perché c’è chi ha scritto che abbiamo la sindrome di Stoccolma, non è vero», dice Siazzu, che aggiunge: «Io ho 40 anni e questo è il primo posto dove mi assumono a tempo indeterminato. Non ho mai visto volare bottiglie, oggetti, mai ricevuto una multa per aver bucato i calzini».
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