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Cronaca

Omicidio Ziliani, i verbali che sconvolgono: «Strozzata con le nostre mani»

I dettagli delle confessioni dei tre a un anno dal delitto dell’ex vigilessa. Le figlie:«Ci faceva sentire sbagliate»

Da quanto emerge dai verbali choc delle confessioni delle figlie di Laura Ziliani, Silvia e Paola, e di Mirto Milani (fidanzato di Silvia e amante di Paola), nel corso degli interrogatori in carcere, i tre hanno ammesso che avevano già tentato di uccidere l’ex vigilessa di Roncadelle (Brescia).

Laura Ziliani e le figlie Silvia e Paola-meteoweek.com

Questo era avvenuto prima del vero e proprio delitto, occorso tre settimane più tardi. Nello specifico, i tre hanno confessato:«Ad uccidere Laura, ci avevamo già provato, a metà aprile, mettendo i farmaci in una tisana dopo cena». Qualcosa però non è andato secondo i loro piani, e sarebbe stato lo stesso Mirto, a fare un passo indietro: «Non sono riuscito ad andare fino in fondo, ho avuto paura».

Sempre secondo le confessioni dei tre, quella volta, hanno «scavato la fossa nel bosco» rinvenuta poi dai carabinieri durante l’inchiesta, a pochi metri dal luogo in cui il cadavere di Laura Ziliani, ex vigilessa vedova con tre figlie, è stato riportato dalla piena del fiume Oglio tra sterpaglie e rovi, l’8 agosto 2021. Una fossa di piccole dimensioni, poca profondità e non semplice da ricoprire, ragion per cui i tre non se sono mai serviti.

La stessa Laura, nel mese di aprile, aveva raccontato di una forte sonnolenza che aveva avuto per circa due giorni e non le era mai successo, cosa poi confermato dal suo compagno. Si sarebbe dunque trattato di un vero e proprio tentato omicidio, andato in fumo perché Mirto si era tirato indietro, che ora è in nosocomio dopo il crollo emotivo avuto dopo aver confessato.

Lui, che all’inizio aveva fatto un passo indietro, in seguito si era convinto a fare ciò che poi è effettivamente occorso. Silvia, la figlia più grande di Laura, quella rivelatasi più determinata, ex fisioterapista, era riuscita a procurarsi le benzodiazepine. Paola, che all’inizio aveva anch’ella dubbi, non ci avrebbe impiegato tanto ad assumere un ruolo attivo nel delitto della madre.

Morte Laura Ziliana:«Strozzata con le nostre mani»

Laura Ziliani-meteoweek.com

Il tentato omicidio andato in fumo si è poi concretizzato con la medesima modalità la sera del 7 maggio 2021, nella casa di Temù (Brescia). «Le abbiamo dato la tisana», hanno ammesso, fornendo ulteriori particolari feroci in merito a come sia andata. Da quanto hanno confessato, Laura Ziliani non sarebbe stata sedata e strangolata.

Dopo averla resa indifesa con la somministrazione di ansiolitici, «le abbiamo messo un sacchetto in testa e abbiamo provato a strangolarla con una fettuccia in velcro», ma non è andata. La sete d’aria ha causato convulsioni e Laura era molto agitata. Non moriva.

«E allora l’abbiamo strozzata con le mani», e pare che tali mani al collo della donna le avrebbero messe Silvia e Mirto. Poi, in macchina, di notte, l’hanno condotta lungo l’argine del fiume. Date le difficoltà il loro piano è saltato e non hanno più fatto uso di quella «buca» scavata in precedenza, ma hanno nascosto il cadavere sotto terra, nella vegetazione fitta.

Dicono di non averla assassinata per denaro, ma per «rapporti famigliari tesissimi, logori da tempo» e divergenze fortissime con una madre dura, «che ci faceva sentire sbagliate, inadeguate». Secondo il loro sfogo, la donna le avrebbe sempre sminuite in confronto ai grandi risultati che lei aveva invece avuto durante la sua vita dal punto di vista di posizione sociale, ricchezza, bella presenza. Mentre le figlie sarebbero state considerate svogliate e inconcludenti, di fatto non ancora “sistemate”.

Avrebbero quindi confessato agli investigatori di non poterne più. Secondo questa versione, ritenuta inverosimile da chi sta investigando sul caso, Mirto, in tutto ciò, non ne avrebbe ottenuto niente. «L’ho fatto per amore, per Silvia, era la mia ragazza…» ha detto piangendo. Lui, attualmente, sembra essere fortemente provato dagli otto mesi trascorsi in prigione. Dopo un lunghissimo silenzio, i tre hanno deciso di parlare e confessare a un anno dall’accaduto e in prossimità della richiesta di processo. Non si esclude neppure che, viste le numerose prove raccolte contro di loro, si siano sentiti messi veramente alle strette.

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