Dai sondaggi sul gradimento di partiti, leader politici e governo emerge una forte richiesta di unità da parte dell’opinione pubblica.
Una unità incrinata dall’avvicinarsi di importanti scadenze elettorali, ma potrebbe non essere la tattica più indovinata. Cresce ancora il partito degli indecisi.
A maggio il governo ha navigato in acque agitate. Forti le tensioni interne tra alcuni partiti della maggioranza. Con un doppio effetto: da un lato il calo di gradimento del governo, ma anche la flessione del consenso per i partiti che si sono mostrati critici verso la linea dell’esecutivo, dalle forniture di armi a Kiev al ddl concorrenza. Per non parlare della riforma del catasto e del termovalorizzatore nella capitale. Ma si potrebbe andare avanti.
Un’animosità interna che sembra ingenerare nell’opinione pubblica la convinzione che, così facendo, l’azione del governo sia penalizzata, coi partiti impegnati a curare i propri interessi particolari più che quelli del paese. Oltretutto in una fase critica e complessa come quella attuale.
In calo gradimento per governo e premier
Di conseguenza, stando all’ultima rilevazione di Ipsos, diminuisce l’indice di gradimento del governo e del premier Draghi, in calo di tre punti rispetto allo scorso mese di aprile. Il governo si attesta così al 55% e il presidente del consiglio al 58%. Un regresso ai valori dell’aprile 2021, prima degli effetti della campagna vaccinale e il progressivo rientro nella normalità.
Arretrano anche i due partiti più critici verso il governo: Lega e M5s, un punto in meno per loro. In testa alla classifica dei partiti ci sono Fratelli d’Italia e Pd, ambedue in fase crescente e appaiati col 21%. Seguono la Lega, scesa però al 14,1% (-1,4%), e il M5S col 13,7% (-1,3%). In quinta posizione Forza Italia con l’8,3% (-0,5%) ,che paga lo scotto delle tensioni interne soprattutto sul ruolo italiano nel conflitto ucraino. C’è poi Italexit al 4,5%: in costante crescita il partito che raccoglie il voto dei delusi soprattutto da Lega e M5S. Poi arriva la Federazione Azione/+Europa con il 3,2%. Non arrivano invece al 3% le altre forze politiche, mentre il “partito” degli indecisi e degli astensionisti cresce di un punto, arrivando a quota 41%.
Prosegue dunque, in base alle stime più aggiornate, la competizione serrata tra il «campo largo» (46,2%) e il centrodestra (44,4%). Ancora in vantaggio quest’ultimo sul centrosinistra (32,5%) e sull’alleanza giallorossa (38%), anche se lo scarto si è ridotto rispetto allo scorso mese.
Meloni ancora in testa tra i leader
Giorgia Meloni si conferma al primo posto tra i leader politici: per lei un indice a 36% (+1). Seguono Conte a 32 (in calo di due punti) e Speranza (31), -3 punti per il ministro della Salute, soprattutto per la minore presa mediatica del tema Covid a maggio. Ci sono poi Berlusconi (27), Letta e Bonino (entrambi a 26), Paragone (25) e Salvini, raggiunto da Toti a 24. In flessione gli altri leader a motivo della minore visibilità a maggio più che a causa di critiche particolari.
I dati sembrano dunque indicare una richiesta di unità da parte dell’opinione pubblica. L’auspicio è che il governo di unità nazionale, sostenuto da forze politiche antagoniste, faccia uscire il paese dalle tante emergenze. Anche se non mancano distinguo e critiche all’operato del governo da parte di una minoranza non trascurabile dell’opinione pubblica, soprattutto tra le fasce meno ricche della popolazione, in momenti di crisi l’opinione pubblica non ama che le critiche si trasformino in conflitti aperti. Con l’avvicinarsi delle amministrative, del referendum e delle elezioni politiche tra meno di un anno è quasi fisiologico che i partiti cerchino di aumentare il proprio consenso alzando i toni e estremizzando le posizioni. Il rischio però è che, oltrepassando una certa misura, la conflittualità possa danneggiare anche partiti e leader, oltre al governo. Forse meglio sarebbe, allora, gareggiare per intestarsi i temi del Pnrr anziché esasperare i conflitti.