Si alza la tensione tra Stati Uniti e Cina per la questione di Taiwan: botta e risposta durissimo tra Washington e Pechino.
Non solo la Russia: gli Stati Uniti di Joe Biden, mentre continuano ad essere i primi sostenitori della causa Ucraina, inviando armi e soldi a Kiev con il dichiarato obiettivo di indebolire Mosca, ora mettono nel mirino l’altro grande rivale globale: la Cina.
Venti di guerra
Il “casus belli” è la politica che la Cina sta attuando nei confronti di Taiwan, o meglio delle chiare ambizioni di Pechino rispetto a quella che considera parte del proprio territorio nazionale: Taiwan, appunto. Nel caso di una aggressione militare cinese nei confronti dell’isola che dista appena 180 chilometri dal gigante asiatico, gli Stati Uniti sarebbero pronti ad intervenire militarmente. Parola del presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Da Tokyo, il capo della Casa Bianca ha dunque inviato alla Cina una delle minacce più dure espresse negli ultimi mesi: “Sì, questo è l’impegno che abbiamo preso”, ha dichiarato il presidente americano rispondendo ad una domanda su un possibile intervento militare diretto degli Usa per difendere Taiwan. Secondo Biden sarebbe dunque possibile una azione delle forze armate statunitensi: una situazione molto diversa da quella in Ucraina, dove gli Stati Uniti si “limitano” a fornire armi, combattendo sostanzialmente una guerra per procura.
Posizione non condivisa
La dichiarazione di Biden ha innescato immediate reazioni, come era immaginabile. Tra le prime, e forse questo era meno atteso, quelle dello staff della Casa Bianca, che non è apparso entusiasta dell’uscita del presidente: il segretario americano alla Difesa, Lloyd Austin, si è infatti affrettato a minimizzare le dichiarazioni di Biden, dichiarando che la politica degli Stati Uniti su Taiwan, la cosiddetta “ambiguità strategica”, non è cambiata dopo le parole del presidente degli Stati Uniti. Anche lo stesso Biden, in realtà, ha voluto calibrare le sue dichiarazioni: “Siamo d’accordo con la politica dell’unica Cina, ma l’idea che possa essere presa con la forza, non è appropriata”, ha voluto aggiungere il presidente Usa, che ha però specificato che Pechino sta “flirtando con il pericolo”.
Solo armi per difendersi
Il Segretario alla Difesa Austin ha illustrato – forse anche per alleggerire la tensione – che il presidente si sarebbe limitato a sottolineare l’impegno di Washington “a fornire a Taiwan le risorse per difendersi“. Ma in realtà non è così, Biden non ha detto questo. Ed infatti, di fronte al pressing dei giornalisti, il capo del Pentagono ha dovuto ammettere che “ci sono piani altamente riservati, anche sull’Asia” e non è possibile fornire ulteriori dettagli.
La Cina: ” Gli Usa stanno giocando col fuoco”
Perfettamente immaginabile anche la risposta della Cina, che infatti non si è lasciata attendere: gli Stati Uniti stanno “giocando con il fuoco”, ha avvertito l’Ufficio per gli affari di Taiwan del Consiglio di Stato cinese, come ha riportato l’agenzia ufficiale Xinhua. Ma non è tutto: il portavoce del Consiglio di Stato cinese, Zhu Fenglian, ha voluto aggiungere che gli Stati Uniti stanno “usando la ‘carta di Taiwan’ per contenere la Cina, e a loro volta verranno bruciati”.
Indo-Pacific Economic Framework
E che le questioni economiche siano sempre e comunque centrali nell’innescare dinamiche di tensione, lo conferma la valutazione fortemente negativa che la Cina ha espresso sull’Indo-Pacific Economic Framework (Ipef), lanciato ieri da Biden, con altri dodici partner (Australia, Brunei, India, Indonesia, Giappone, Corea del Sud, Malaysia, Nuova Zelanda, Filippine Singapore, Thailandia e Vietnam) che contano per circa il 40% dell’economia globale. Gli stati Uniti sono una potenza economica dell’Indo-Pacifico, sottolinea un comunicato della Casa Bianca, e nell’ottica di contrastare l’inflazione, “questa cornice servirà ad abbassare i costi rendendo le nostre catene di approvvigionamenti più resilienti nel lungo periodo, proteggendoci da interruzioni costose che portano a prezzi più alti per i consumatori”. L’iniziativa, che esclude la Cina, è per Pechino un tentativo degli Stati Uniti di mantenere l’egemonia economica a livello regionale. “Fare regole per escludere la Cina sarà una cosa sicuramente abbandonata dall’evolversi dei tempi. Se gli Stati Uniti cercano di utilizzare un quadro per isolare la Cina, alla fine si isoleranno“, ha commentato il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, nel corso di una conferenza stampa a Guangzhou, con il suo omologo pakistano, Bilawal Bhutto Zardari e, ha aggiunto: “tutti i tipi di cospirazione per trasformare l’Asia-Pacifico in un blocco non avranno successo”.