I Langone, testimoni di Geova, volevano aprire una sala del Regno in Mali. Gli investigatori stanno seguendo la pista del gruppo jihadista Jnim, branca di Al Qaeda
Alcuni anni fa, Giovanni Langone, 42 anni, era partito per il Mali in qualità di volontario. Langone è di Potenza, in Basilicata.
Il suo intento era quello di vivere la sua fede in quelle zone, alquanto rischiose. Fino a ieri, l’Associazione Testimoni di Geova Senegal, competente anche per il Mali, non sapeva nulla né di lui né dei suoi genitori, Rocco Antonio, 64 anni, e Maria Donata, 61. Anche loro, una volta in pensione, erano partiti dalla Brianza (dove si erano stabiliti per lavoro) per raggiungere il proprio figlio e aiutarlo a portare a termine il suo scopo.
Giovanni, infatti, voleva aprire una Sala del Regno in savana, a Sicina, dove evidentemente la famiglia Langone riteneva di essere al sicuro. Ieri mattina, però, 4 uomini armati si sono introdotti nella loro casetta e li hanno rapiti, portandoli via con un loro amico del Togo.
La famiglia Langone non era neanche registrata all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire). Per una maggiore integrazione con la gente del posto, i Langone avevano cambiato cognome e a Sincina erano conosciuti come famiglia Coulibaly.
«I quattro armati sulla Toyota probabilmente sono banditi locali pronti ora a vendere i loro ostaggi ai gruppi terroristici che vanno per la maggiore in quei territori», spiega Luca Raineri, ricercatore di relazioni internazionali alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
«La matrice di questo rapimento è piuttosto chiara, porta direttamente al gruppo terrorista Jnim, il gruppo di appoggio all’Islam e ai musulmani, branca locale di Al Qaeda, che cercherà di ricavare il massimo profitto dal sequestro dei tre occidentali: 5-6-7 milioni di euro di riscatto per ognuno».
Ma non è tutto, perché come sottolinea il professor Ranieri, il vero problema «è che il rapimento si è consumato nel sudest del Paese ed è la prima volta che accade. Vuol dire che il gruppo, finora sempre attivo nel centro e nel settentrione, ora è in grado di sfondare anche a sud per realizzare interamente il suo fine politico, trasformare cioè il Mali in un territorio completamente governato dalla Sharia, la legge islamica».
I testimoni di Geova:«Non sono lì in qualità di missionari»
Nel frattempo, la Congregazione cristiana dei Testimoni di Geova, comunica con una nota che «i tre componenti della famiglia rapita sono testimoni di Geova che vivono in Mali per motivi personali e dunque non sono lì in qualità di missionari. Preghiamo per loro e ci auguriamo che questa vicenda si concluda nel modo migliore».