Tra i suoi “modelli” anche Luca Traini. In tribunale il giovanissimo killer si è dichiarato non colpevole.
Ha anche postato un manifesto di oltre 100 pagine e filmato in diretta streaming le immagini della strage.
I killer di massa si ispirano a modelli. Copiano altri per ideologia o per motivi banalmente “terroristici”. È anche il caso di Payton Gendron, il 18enne di Buffalo che ha ucciso almeno dieci persone (ma il bilancio è provvisorio) aprendo il fuoco in un supermercato Tops Market. Lo ha scritto in un manifesto di più di 100 pagine, ora al vaglio della polizia. Gendron ha imitato Brenton Tarrant, lo stragista australiano della Nuova Zelanda, che nel marzo 2019 assaltò due moschee uccidendo una cinquantina di persone.
Anche Gendron era convinto di dover uccidere per “legittima difesa” della razza bianca, minacciata e a rischio di “sostituzione”. Così ha deciso di attaccare i musulmani. E dopo essersi armato fino ai denti, si è munito di telecamera per filmare la strage. Poi ha preso l’auto, ha raggiunto il suo obiettivo e ha sparato. Risultato: dieci morti e tre feriti.
Alla fine la polizia lo ha catturato. L’assassino di Buffalo non ha soltanto imitato, ha anche scritto chiaramente che Tarrant è il suo riferimento ideologico. Poi ha menzionato altri autori di attacchi xenofobi. Nel suo elenco di esempi da imitare pare esserci spazio anche per Luca Traini, l’uomo che aprì il fuoco contro un gruppo di immigrati a Macerata. Tutti dettagli che andranno confermati dagli investigatori, costretti a fare i conti con una minaccia dilagante. A Dallas stanno indagando sui colpi di arma da fioco contro negozi di asiatici. Attacchi come questi mirano a spaccare, dividere, alimentare le tensioni. Sono provocazioni che sperano di causare risposte altrettanto dure. Alla base c’è sempre l’idea di una guerra civile. L’arsenale di argomenti utili a giustificare le aggressioni a danno di persone innocenti è fornito da ideologie radicali, di stampo antisemita, dietrologiche e cospirazioniste.
Un elemento costante è la preparazione, la premeditazione, anche quando il killer è squilibrato. Gendron sostiene che i suoi genitori provengono dal Nord Europa e dall’Italia. Il suo obiettivo, scrive, era quello di spingere gli afro-americani o gli ispanici a andarsene via dagli Usa. Oltre a loro, l’odio è diretto anche contro gli ebrei.
L’assassino ha anche detto di aver agito «come qualsiasi americano»: ha raccolto munizioni, comprato un fucile Bushmaster XM 15 e un equipaggiamento militare. E dopo – verso gennaio – ha cominciato a pianificare la seconda fase: quella dell’azione violenta. Appare chiaro – non soltanto in questa occasione – come gli sparatori utilizzino tecniche utili a provocare il maggior numero di vittime.
Indossano vesti da «guerrieri», accumulano il loro arsenale, si spostano come dei predatori. Alcuni di loro sono pronti alla morte, a farsi «suicidare» dalla polizia. Altri invece vogliono rimanere vivi, il killer di Buffalo lo ha aveva preannunciato, dichiarando di volersi dichiarare colpevole. Ma una volta preso, ha detto il contrario.
Oltre all’azione c’è la propaganda. Da qui la necessità di lasciare un testo scritto, fruibile da quanti condividono queste teorie. Si tratta dell’eredità, del testamento dell’omicida. Ciò spiega la necessità di riprendere e condividere in streaming sul web ogni attimo, inclusi i più feroci con la liquidazione delle vittime. Minima la differenza coi metodi dei terroristi islamisti, ma anche con gli stragisti senza movente politico. Filmato e delirio danno risalto e una sinistra gloria agli assassini, trasformano lo stragista efferato in un personaggio celebre. Ci si chiede se Gendron, come altri killer di massa, potesse essere bloccato prima. Già nel 2021 aveva minacciato di assalire il suo liceo, un inquietante campanello d’allarme comunicato alle forze dell’ordine. Non è raro che gli stragisti mandino avvisaglie prima del “grande attacco”. Purtroppo spesso non vengono presi sul serio.
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