Il quotidiano economico ha pubblicato un’analisi per spiegare come le sanzioni occidentali non stiano riscontrando il successo sperato nella guerra contro Putin.
Nel momento in cui Putin ha deciso di invadere l’Ucraina a fine febbraio, il blocco occidentale non ha avuto dubbi sul fatto che le sanzioni economiche contro Mosca fossero uno dei principali strumenti per contrastare le mire egemoniche russe indebolendo l’economia nazionale.
In particolare, la strategia dell’Unione Europea è sempre stata chiara in tal senso: l’invio di armi all’Ucraina era solo un tassello di una strategia più complessa, in cui le sanzioni e gli embarghi, per una Russia così interconnessa e dipendente dal mercato occidentale, erano altrettanto importanti. Adesso però, una recente analisi pubblicata dal prestigioso quotidiano The Economist, sembra dimostrare come, a distanza di due mesi e mezzo dall’inizio del conflitto, Mosca sia riuscita a reggere il contraccolpo dimostrandosi “sorprendentemente resiliente”.
Questo non significa che l’economia russa non sia stata danneggiata dai pacchetti ad hoc varati dall’Occidente per bloccarne il commercio, ma piuttosto che i suoi fondamentali macroeconomici siano rimasti intatti. I dati raccontano che a partire dal mese di Aprile i russi sono tornati a spendere e a far crescere la domanda interna, e adesso in molti mettono in dubbio alcune previsioni economiche arrivate da Occidente, che sostenevano come il contraccolpo per la Russia si sarebbe tradotto in una perdita di oltre dieci punti di Pil alla fine di quest’anno. Una stima che però secondo il The Economist è molto distante dalla realtà economica del paese. Uno dei motivi analizzati dal quotidiani, che può spiegare come mai la Russia sta riuscendo a reagire alle sanzioni, risiede nel fatto che Mosca era tutto sommato un’economia chiusa anche prima dello scoppio del conflitto. La dipendenza dall’Occidente era meno forte di quanto hanno sbandierato in questi mesi alcuni analisti, e si è sottovalutato fin troppo quanto i giacimenti di combustibili fossili rappresentino per Mosca una garanzia enorme di solidità.
Paradossalmente, chi sta restando danneggiato da queste sanzioni è il vecchio continente. L’eurozona sta soffrendo particolarmente le misure prese contro la Russia. La dipendenza europea dal gas russo è il vero problema, e per quanto la propaganda occidentale continui a sostenere che è possibile smarcarsi in modo agile e veloce dalle forniture di Mosca, la verità è che nessuna nazione europea può realmente farlo prima di due anni, come ha avuto modo di sottolineare di recente anche il ministro dell’Economia tedesco. Per questo il nuovo pacchetto sull’embargo del gas ha incontrato diverse resistenze tra gli stati membri, proprio per il timore che questa mossa possa rappresentare il colpo di grazia per l’economia europea.