Nella sezione Esteri del giornale La Stampa sono stati pubblicati due contenuti identici, con titoli diversi. Una scelta curiosa, che permette di mostrare in che modo la propaganda occidentale può influenzarci.
Il 7 Maggio del 2022 il giornale La Stampa ha pubblicato sulla propria sezione esteri, una video-analisi sul conflitto in Ucraina del giornalista Girodano Stabile, responsabile desk della sezione Esteri del quotidiano nazionale. Un contenuto creato per analizzare e ripercorrere “in tre fasi” l’attività politica degli Stati Uniti in Ucraina a partire dal 2014.
Fin qui nulla di strano, anzi, è fondamentale in questo momento storico conoscere più punti di vista possibili sulle cause che hanno portato allo scoppio di questi conflitti, specie quando vengono da giornalisti preparati come Stabile. L’articolo in questione però, ed è questo il fatto curioso, è stato pubblicato due volte nello stesso giorno, con due titoli diversi. Entrambi sono rimasti online, per cui parlare di censura, come hanno fatto alcuni giornalisti sul web postando lo screenshot che mette a confronti i due articoli, è insensato.
Semmai si tratta di un fatto estremamente curioso, a cui non è semplice trovare una spiegazione.
I due titoli sono molto diversi tra loro, e riflettono, volontariamente o meno, il clima mediatico che stiamo vivendo da quando Putin ha deciso a fine febbraio di invadere la nazione guidata da Zelensky. Al centro dell’analisi, come viene annunciato nelle didascalia che accompagna il video, ci sono le “tre fasi” individuate da Stabile con cui Washington ha preparato negli anni lo scontro con la Russia. Il primo titolo, che si suppone, per mera consecutio cronologica, sia quello originale, recitava: “Le mani degli Stati Uniti sull’Ucraina, così Washington dal 2014 ad oggi ha programmato il conflitto”. Un titolo eloquente, fatto evidentemente ente per rimarcare come sin dal 2014 gli Stati Uniti erano coscienti che l’Ucraina sarebbe diventato ben presto il vero terreno di scontro con la Russia, e di come, molto prima di Biden, negli Usa si discuteva di come frenare le mire egemoniche di Mosca, formando sul campo anche i militari ucraini.
Si parla di un’America che intende “mettere le mani” sull’Ucraina, descritta qui come un asset geopolitico fondamentale nello scontro tra superpotenze.
“Gli Stati Uniti hanno sempre puntato su Kiev come obiettivo strategico per contrastare la Russia. Prima di Biden ci fu il senatore McCain a investire denaro per formare i militari ucraini.”
Non si capisce però perché, quasi in contemporanea, sulle sezione Esteri della Stampa esca anche un secondo articolo, identico in tutto e per tutto nel contenuto al precedente: stesso video, stessa analisi di Stabile sulle cause di questa guerra. A cambiare è soltanto il titolo: “Così Washington ha preparato la strategia di difesa dell’Ucraina in tre fasi”.
Perchè pubblicare due articoli identici, diversi soltanto nel titolo? Quesito insolubile, al quale può rispondere soltanto la redazione della Stampa. Al contempo la natura dei due titoli è così diversa, così contrapposta, che invita alla riflessione.
Quello dato al secondo articolo tende infatti a ribaltare il primo. Al posto degli Stati Uniti che vogliono mettere le mani sull’Ucraina, arrivano invece gli Stati Uniti che vogliono difendere l’Ucraina. Al posto di un’ipotesi in cui gli Stati Uniti agiscono in modo cinico per perseguire la loro strategia geopolitica, arriva invece una nuova narrazione in cui gli Stati Uniti vogliono difendere l’Ucraina democratica dal nuovo Hitler. Non si vuole in alcun modo tacciare, o accusare velatamente, la Stampa di censura. Ma questa curiosa scelta di pubblicare uno stesso contenuto con due titoli, può essere esemplificativa.
Di cosa?
Di come la propaganda occidentale può ribaltare una narrativa con il minimo sforzo.
I due titoli in questione mostrano in modo plastico ed inequivocabile come uno stesso contenuto può essere veicolato al lettore con due narrative molto diverse che inevitabilmente ne influenzano il giudizio. Se leggo il titolo e poi guardo l’intervento di Stabile, mi sembra chiaro che mi trovo di fronte a una disamina di una strategia americana che coinvolge l’Ucraina, vista, intesa e descritta come un asset geopolitico nello scontro contro la Russia, qualcosa su cui per l’appunto, vanno messe le mani prima di Putin. Nel secondo caso invece, per quanto si tratti della stessa analisi, il titolo conferisce al piano di azione americano, un’etica democratica che sembrava sconosciuta in quella precedente: Porta comunque a pensare che ci si trova di fronte a una piano di difesa della nazione ucraina e dei suoi valori iniziato nel 2014, in cui l’America non vuole mettere le mani sull’Ucraina ma difenderla.