Ilenia Fabbri, depositate le motivazioni dietro il femminicidio. La donna fu uccisa dal marito perché “voleva vedersi riconosciuta i propri diritti di moglie e lavoratrice”. E si conta un’altra vittima: la figlia Arianna.
Lo scorso febbraio la Corte d’Assise di Ravenna ha emesso una sentenza di condanna all’ergastolo per il delitto di Ilenia Fabbri, uccisa a Faenza il 6 febbraio 2021. La condanna è stata disposta per l’ex marito della donna, Claudio Nanni (considerato il mandante del femminicidio), e l’esecutore materiale del delitto, ovvero Pierluigi Barbieri. Secondo quanto è emerso dalla confessione del sicario, depositata con un mese di anticipo rispetto alla tabella di marcia, Nanni avrebbe mentito sulle giustificazioni dietro il delitto (ovvero “spaventare la moglie solo per farla desistere dalla causa di lavoro, ma di non farle del male e tanto meno di ucciderla”).
Tale confessione trova riscontro nelle indagini, così come anche nell’esame autoptico effettuato sul corpo della donna. La Corte d’Assise di Ravenna, dopo aver esaminato attentamente le testimonianze fornite dalle persone ascoltate, avrebbe dunque delineato il vero movente dell’omicidio. Nanni “avrebbe cessato di versare il mantenimento per la figlia con la morte della moglie”. Con il decesso della donna, Nanni poi “avrebbe evitato di pagare alla moglie le sue spettanze di lavoro, avrebbe venduto la casa come voleva, intascando tutto il ricavato”.
Ma il giudice Michele Leoni, estensore del documento, ha anche parlato di “convivenza forzata”, in riferimento all’ordinanza di separazione emessa il 21 settembre 2017, e dalla quale l’uomo “trasse la spinta per ulteriori prepotenze e prevaricazioni”. Costretti dunque a vivere sotto lo stesso tetto, la donna venne “messa in una situazione di inferiorità e grave esposizione”, a favore di quello che è “l’elemento maschile della coppia” E da ciò, pare che il marito “probabilmente ne trasse un senso di onnipotenza e di impunità”. Ilenia Fabbri, dunque, “fu uccisa perché voleva vedersi riconosciuta i propri diritti di moglie e lavoratrice”.
False, dunque, le motivazioni che Nanni aveva offerto agli inquirenti in merito all’assunzione di un sicario per far del male alla moglie. Nanni, infatti, non aveva intenzione di spaventare soltanto sua moglie: le sue dichiarazioni sono state definite come “l’ennesima riprova della sua assoluta e ineluttabile inattendibilità”, costellate tra l’altro di “continui paradossi, contraddizioni, assurdità, nonsense”. E la sua colpevolezza, provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”, è stata confermata anche dalle dichiarazioni di Barbieri, che avrebbe riferito agli inquirenti dettagli ed elementi “che poteva avergli detto solo il Nanni”.
Nella sua sentenza, la Core ha anche però inquadrato come seconda vittima del delitto la figlia della coppia, Arianna. Un dolore, un “danno”, il suo, che “non si esaurisce nella perdita della madre”, dato che la giovane “ha perso anche il padre, o comunque la persona che prima credeva essere suo padre”. “Il danno relazionale, psichico, esistenziale che questa ragazza ha subito”, spiega la Corte, lo “dovrà subire per tutta la vita come un vero ergastolo”.
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