‘Ndrangheta, il rapporto della Coldiretti a seguito dell’operazione “Propaggine”: dal pesce ai dolci, il business da 24,5 miliardi della mafia. Un mercato degli illeciti che mina il marchio Made in Italy.
Dai risultati dell’operazione antimafia “Propaggine” è stata sgominata una cosca della ‘Ndrangheta attiva sia in Calabria che nella Capitale. Finito arrestato il sindaco di Cosoleto, Antonino Gioffré, mentre in totale sono scattate misure cautelari per 43 indagati. Ma se il primo cittadino è accusato di scambio elettorale politico-mafioso, tra i reati dell’associazione si parla di associazione mafiosa, di favoreggiamento commesso al fine di agevolare l’attività del sodalizio mafioso, e di detenzione e vendita di armi comuni da sparo ed armi da guerra aggravate. In particolare, per quanto riguarda la cellula romana, la cosca in particolare avrebbe acquisito la gestione o il controllo di svariate attività economiche (dal settore ittico, alla panificazione, della pasticceria, al ritiro delle pelli e degli olii esausti).
Tramite il ricorso ad intestazioni fittizie, la cosca sarebbe riuscita a schermare la reale titolarità delle attività in suo possesso. Attività, queste, che hanno abbracciato i settori più svariati. Tuttavia, il settore più importante e prioritario per la ‘Ndrangheta sul quale investire è stato principalmente quello agroalimentare. A renderlo noto è stato il rapporto di Coldiretti, in riferimento all’operazione della Direzione Investigativa Antimafia di Roma “Propaggine”.
Dai risultati dell’attività di indagine, il gip di Roma (su richiesta della Dda romana) ha dato esecuzione a un’ordinanza cautelare nei confronti di persone che sarebbero coinvolte nella cosca locale, radicata nella Capitale e impegnata a gestire e a controllare attività economiche che vanno dall’ittica fino anche alla pasticceria. Un business criminale, questo, che ha superato i 24,5 miliardi di euro di proventi.
Le operazioni delle forze dell’ordine hanno permesso di sgominare un business molto pericoloso. Le mani criminali, infatti, non si sono soltanto appropriate “di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano”, ma così facendo hanno anche messo alle strette “la concorrenza e il libero mercato legale”, paralizzando “l’imprenditoria onesta” e “compromettendo in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti”. Un effetto indiretto che ha come conseguenza un attacco all’immagine dei prodotti italiani, così come a tutto il valore del marchio Made in Italy.
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