Il discorso del presidente russo, breve e paradossalmente non aggressivo, ha stupito parte degli analisti europei e statunitensi, che si aspettavano altre parole. Ma anche quello che non ha detto è molto importante.
Retorica militarista e patriottica, riferimenti a militari russi morti, una spiegazione abbastanza generica dei motivi della guerra e il riferimento alla volontà di evitare nuovi conflitti globali. Questo, e poco più, ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin in occasione del Giorno della Vittoria, la celebrazione della sconfitta dei nazisti e del trionfo dell’Armata Rossa nel 1945 a Berlino.
Retorica e “buone intenzioni”
Un discorso paradossalmente non aggressivo, che è sembrato più volto a spiegare e rassicurare il popolo russo che a voler mandare messaggi alla Nato, all’Europa o agli Stati Uniti. Dopo aver spiegato che i militari russi stanno “combattendo per la madrepatria, come i loro padri e i loro nonni prima di loro” è partita l’accusa nei confronti della Nato, che secondo Putin stava preparando “un’invasione della Crimea e della nostra terra”. Nato che il presidente russo ha voluto definire “un’evidente minaccia” per la Russia, ribadendo che l’ “operazione militare speciale” è stata “una decisione giusta” che si era resa necessaria. Tutto qui: il resto del discorso è stato dedicato alle vittime russe, i militari morti in combattimento, con l’annuncio di volersi prendere cura delle famiglie dei soldati (che iniziano ad essere troppi) mandati a morire. Nessun riferimento ad escalation, alla “guerra totale”, all’introduzione della coscrizione obbligatoria, tutti possibili annunci che molti analisti si aspettavano. Piuttosto, a sorprendere è stata un’altra dichiarazione, o meglio un auspicio: “l’orrore di una guerra globale non si deve ripetere”.
Le cose non stanno andando come Putin si aspettava
Per quale motivo il leader russo si è espresso in questo modo? Che tipo di messaggio si può leggere dietro le parole utilizzate da Putin? Possiamo partire dalle evidenze, prima fra tutte la consapevolezza che la guerra non stia andando come lui si attendeva che andasse. E’ un dato di fatto: l’invio di truppe, nei primi giorni di invasione, ad assediare Kiev presupponeva al tentativo di far cadere in fretta il governo ucraino. Cosa che non è avvenuta: l’esercito ucraino ha messo in campo una resistenza inaspettata, dovuta in buona parte al sostegno degli Stati Uniti, della Nato, dell’UE e di singoli paesi europei: formazione militare, armamenti moderni, tecnologia, logistica oltre a denaro ed assistenza extra militare sono letteralmente piovute sull’Ucraina, che ha potuto organizzarsi molto bene per resistere all’aggressione russa. La forza di volontà della popolazione ha fatto il resto, e la Russia si è trovata di fronte ad una opposizione forse nemmeno del tutto immaginata. Il discorso di Putin sottintende dunque un ridimensionamento? Non proprio, ma di certo la c0nsapevolezza che, probabilmente, la vittoria che cercava non arriverà, non come era stata: il governo di Zelensky resterà al suo posto, anzi rafforzato. Il Donbass potrebbe essere un obiettivo raggiungibile, ma forse più attraverso la diplomazia che con le armi: in quel caso servirebbe molto più tempo (che forse non c’è) o più armi, più potenza militare. Il che significherebbe escalation, che però Putin non può permettersi: sarebbe da solo, la Cina non lo seguirebbe in un conflitto contro la Nato, l’Europa e gli Stati Uniti.