Stipendi troppo bassi, troppi contratti a termine. Per gli italiani domanda e offerta di lavoro non si incontrano soprattutto per colpa delle aziende.
Lo mostra una recente ricerca su un campione rappresentativo della popolazione italiana.
Per gli italiani le difficoltà a far incontrare domanda e offerta di lavoro dipendono principalmente dalle imprese. Troppo bassi gli stipendi offerti dalle aziende. Senza contare il ricorso massiccio ai contratti a tempo determinato. Gli italiano pensano poi che per sostenere crescita economica e occupazione lo Stato dovrebbe stabilire un minimo salariale e incentivare la rilocalizzazione delle aziende che hanno delocalizzato all’estero la produzione.
Sono alcuni dei dati principali emersi dall’indagine “FragilItalia”, condotta da Area Studi Legacoop e Ipsos. Il report ha elaborato i risultati di un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione. La ricerca voleva tastare il polso degli italiani sulla loro percezione del lavoro.
In particolare, è emerso che il 65% degli italiani (due su tre, il 73% tra gli over 50, il 61% tra gli under 30) indica negli stipendi bassi la causa del del disallineamento tra la domanda e l’offerta di lavoro. Sfiorano la metà (il 49%, il 56% tra gli over 50, il 44% tra gli under 30) quelli che incolpano il ricorso massiccio a contratti a tempo determinato. C’è anche un corposo 35% (41% tra gli over 50, 29% tra gli under 30) che non punta il dito sulle imprese. E che crede, invece, che siano le persone a non sapersi adattare e a voler ricercare a ogni costo un’occupazione ideale.
Il 45% del campione (il 5% in più rispetto a sei mesi fa) pensa che lo Stato dovrebbe definire un salario minimo. Mentre il 39% (7 punti percentuali in meno) propone di incentivare la rilocalizzazione (reshoring) delle ditte italiane che hanno delocalizzato la produzione. Per il 33% (+ 2 punti percentuali) bisogna disincentivare il ricorso a contratti a tempo determinato, il 26% (+3 punti percentuali) chiede di agevolare il passaggio da lavoro a lavoro. Il salario minimo è più popolare tra gli under 30 (49%) e nel ceto popolare (47%). Sono gli over 50, invece, i più favorevoli al reshoring delle aziende italiane (47%) e ai disincentivi per i contratti a termine (38%).
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